Compromessi e pace giusta negli auguri per Pasqua – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Articolo in “Nuovo Quotidiano di Puglia – Lecce”
domenica di Pasqua, 8 aprile 2023, pp. 1 e 27.

A Pasqua, mentre in modo sempre più forte si eleva da ogni angolo della terra l’anelito alla pace, si fa ancora più stridente il contrasto tra la pace proclamata da Cristo risorto e annunciata dalla Chiesa[1] e la persistenza della guerra, anzi delle molteplici guerre che ancora si combattono nel mondo. Per i cristiani, la guerra in Ucraina è ancora più contraddittoria perché, tra gli altri aspetti, si tratta in fondo di una guerra tra credenti in Cristo. Come si può proclamare che “Cristo è risorto” e continuare a combattersi vicendevolmente? In che senso, allora, è vero il grido paolino: «Cristo è la nostra pace» (Ef 2,14)?

La risposta a queste domande esige qualche puntualizzazione. Innanzitutto la pace di Cristo risorto è “definitiva”. In un certo senso, essa raccoglie l’anelito dell’uomo a una “pace perpetua”, come soleva dire Immanuel Kant. Si tratta, però, di una pace diversa da quella mondana. Gesù stesso afferma: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi (Gv 14,27). La pace di Cristo sgorga dall’amore divino, piuttosto che dal semplice amore umano. 

Diversa da quella del mondo, non vuol dire che la pace sia impossibile perché coloro che si lasciano attraversare dall’amore divino diventano essi stessi operatori di pace. Sono tanti gli esempi nella storia. Basti solo richiamare la figura di san Francesco d’Assisi. Naturalmente per essere veramente operatori di pace non basta dirsi cristiani a parole. Bisogna continuamente convertirsi a Cristo e vivere concretamente il comandamento dell’amore verso Dio e verso gli uomini, riconosciuti come fratelli. Per il cristiano, la pace non è tanto un valore, quanto una persona: Cristo stesso. «Lui, – afferma san Paolo – è la nostra pace, colui che dei due popoli ne ha fatto uno solo abbattendo il muro di separazione, annullando nella sua carne l’inimicizia» (Ef 2,14). Se la pace è Cristo, se esiste in lui e per lui, essa è possibile anche fra gli uomini e per gli uomini. 

Talvolta si sostiene che la pace sia impossibile a livello ideale e come realtà concreta e si fa valere l’assioma che l’uomo per natura è fatto per combattere l’altro uomo: homo homini lupus. La guerra – si dice – è inevitabile. La corsa agli armamenti è necessaria, per motivi politici, economici, di potere, di prestigio. Insomma, vale il detto antico “prima la spada, poi l’aratro”. 

Per il cristiano, invece, la pace è sempre possibile, nonostante tutte le contraddizioni storiche, soprattutto se fondata su Cristo risorto, il principe della pace. E come il suo mistero pasquale si realizza progressivamente in quanto “ombra” nell’Antico Testamento, “figura” nel Nuovo Testamento e “realtà” in cielo, così la pace che egli ha portato è definitiva e dinamica, risolutiva e progressiva. È dono di Dio e opera dell’uomo. Scende dall’alto e si costruisce dal basso. È presente, almeno come anelito, nella storia, ma si compie definitivamente alla fine del tempo. 

Non senza ragione, Paolo VI nel messaggio per la giornata della pace del 1° gennaio 1973 affermava: «Noi ammettiamo che una perfetta e stabile tranquillitas ordinis, cioè una pace assoluta e definitiva fra gli uomini, anche se progrediti ad un alto e universale livello di civiltà, non può essere che un sogno, non falso, ma incompiuto; un ideale non irreale, ma da realizzarsi; perché tutto è mobile nel corso della storia; e perché la perfezione dell’uomo non è né univoca, né fissa. Le passioni umane non si spengono. L’egoismo è una mala radice, che non si riesce mai a svellere del tutto dalla psicologia dell’uomo». Pertanto, continua il pontefice, «la pace è possibile, se veramente voluta; e se la pace è possibile, essa è doverosa».

La pace possibile e doverosa deve essere anche “giusta”. Essa deve fondarsi su una visione che va oltre la contingenza di un angusto presente e deve essere portata avanti da leaders che sanno andare controcorrente non alimentando inutili sogni di grandezza, ma avendo chiara la meta da perseguire e i valori da preservare. Sotto questo profilo, la pace “giusta” non è una utopia, ma un sano principio di realtà. Essa, infatti, non può essere imposta dall’esterno e non la si esporta con le armi, ma si fonda sulla consapevolezza, il dialogo, la logica del sapersi ascoltare. 

Soprattutto la pace è “giusta” quando sa valorizzare il metodo del “compromesso”. Afferma in proposito il grande scrittore israeliano Amos Oz: «Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c’è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte». 

Sotto questo profilo e tenendo conto delle indiscrezioni che filtrano dai protagonisti e da Paesi terzi, come Cina e Turchia, il conflitto in Ucraina si potrebbe risolvere attraverso un compromesso in tre punti: a) il “territorio”, con la rinuncia alla Crimea da parte dell’Ucraina e l’autonomia del Donbass; b) la “collocazione internazionale” con l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, ma non nella NATO, e la rinuncia al possesso di armi nucleari; c) la “cessazione delle sanzioni economiche” nei confronti della Russia. 

In alternativa al compromesso c’è la guerra ad oltranza con conseguenze imprevedibili se non catastrofiche. La battaglia più difficile da vincere è quella per una pace giusta che sappia accettare il compromesso possibile in attesa di soluzioni definitive che si realizzeranno quando il cuore sarà invaso dall’amore di Cristo. Buona Pasqua con l’augurio di una pace giusta. 


[1] Circa il pensiero del magistero pontificio sulla pace cf. G. Gamalieri La fumata bianca della pace. La voce di dodici Papi contro la guerra, Editrice Pagine, Roma, 2023. Il libro raccoglie i testi più significativi dei Pontefici contro la guerra dalla metà dell’Ottocento fino a oggi. Per l’autore si è trattato e si tratta di una sola voce, anzi di un unico “grido” che purtroppo è rimasto inascoltato in tutto l’arco di tempo preso in esame, da Pio IX (1844) a Papa Francesco (2023).

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