Custodire la vita e i suoi comandamenti – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

[ad_1]

Omelia nella Messa della 44° giornata della vita, Chiesa Presentazione V. Maria
Specchia, 6 febbraio 2022

Cari fratelli e sorelle,

“custodire ogni vita” è il messaggio dei vescovi italiani di questa 44esima giornata della vita. La breve veglia che abbiano celebrato prima della Santa Messa ha fatto risuonare il brano dell’Antico Testamento, tratto dal libro della Genesi, nel quale Dio affida all’uomo il compito di custodire e lavorare la terra. Il legame dell’uomo con la terra emerge dalla stessa etimologia: ādām è il nome dell’uomo, ǎdāmâ quello della terra. L’adamà diventa adàm, e l’adàm ha il compito di custodire l’adamà. Il raccordo etimologico mette in luce il rapporto tra l’uomo e la terra: plasmato dalla terra, l’uomo deve coltivare e custodire la terra (cfr. Gn 2,5). Questa esperienza affascinante ed esaltante riguarda l’ambiente e a ogni forma di vita. Non è una caratteristica specificamente cristiana, ma l’impegno di ogni uomo, chiamato a custodire e coltivare ogni forma di vita vegetale, animale e umana. Nel nostro tempo, la questione ambientale si è fatta più pressante e giustamente si parla della salvaguardia dell’ambiente. Bisogna essere molto attenti a non distruggere la creazione perché le conseguenze nefaste ricadono sull’uomo. 

Custodire la vita umana

Tutti siamo chiamati a custodire la terra. Questo compito affonda le sue radici nello stesso atto creativo di Dio. I verbi ābad (coltivare) e šāmar (custodire) sono due facce della stessa medaglia e hanno un profondo significato religioso. L’uno si riferisce al servizio di culto che il popolo è chiamato a rendere a Dio come conseguenza della liberazione dall’Egitto e del patto stipulato al Sinai (cfr. Gs 24,14-24). L’altro è usato per indicare l’osservanza della legge. Si tratta di un’endiadi: «lavorare custodendo», indica che la terra non appartiene all’uomo ed egli non può arrogarsi il diritto di reputarla come una proprietà privata; «custodire lavorando», sottolinea che la custodia non è un dolce far nulla, ma implica una capacità trasformativa. 

I due verbi non contengono alcun invito allo sfruttamento e alla rapina delle risorse del giardino dell’Eden. Al contrario, esprimono l’idea della cura e dell’attenzione che bisogna avere per conservare la stessa bellezza e la delizia del giardino dell’Eden. Coltivare ha la stessa radice di culto, non solo quello liturgico, ma anche quello di custodire la creazione. Solo Dio è il Signore della creazione. L’uomo ne è il custode e l’operaio che la coltiva.

Naturalmente, se occorre custodire e coltivare tutte le forme di vita, quanto più si deve custodire la vita umana. Se bisogna essere attenti all’erba, alle piante, al mare (e quante questioni si presentano in questo settore: le trivelle, le pale eoliche, ecc…), quanto più è necessario custodire ogni forma di fragilità umana. Nella nostra società c’è come una schizofrenia: fin quando si tratta dell’ambiente tutti si preoccupano, quando si tratta dell’aborto o dell’eutanasia tutto diventa possibile. Custodire, invece, significa, coltivare la memoria dell’origine, la dignità di ogni uomo, la relazione di fraternità.

Custodire i comandamenti della vita

La vita è di Dio ed è donata da Dio. L’uso spirituale e religioso del verbo custodire permette di individuare i tratti caratteristici dell’alleanza: custodire significa anche obbedire. In questo caso, il riferimento è alla custodia dei precetti divini, della Torah e di ogni singolo comandamento. Nelle sue ultime disposizioni, Mosè inviterà le generazioni future a custodire i comandamenti (cfr. Dt 32,1-43). Il Decalogo costituisce un’unità organica in cui ogni comandamento rimanda a tutto l’insieme. Trasgredire un comandamento è infrangere tutta la Legge.

I comandamenti servono a dare una visione chiara del progetto originario e creativo di Dio. La sua azione creatrice diventa un comandamento consegnato all’uomo perché lui possa vivere. Custodire vuol dire accogliere il comandamento della vita. Distruggere il creato significa intaccare il comandamento dell’amore e tutte le forme di vita. 

Anche Gesù, al giovane che lo interroga sulla possibilità di ottenere la vita eterna, risponde: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19,16-17). La sequela di Cristo implica l’osservanza dei comandamenti. Così la Legge antica non è abolita, ma è presente nella persona del suo Maestro, che ne è il perfetto compimento.

Custodire la comunità della vita

La Chiesa è chiamata a custodire la vita, a somiglianza di Dio, custode del suo popolo (cfr. Es 23,20). Egli si comporta come l’aquila: «Lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese» (Dt 32,10-11). Il deserto è il luogo della prova, ma anche della cura e della custodia. È il luogo difficile e impervio nel quale Dio cerca Israele, lo cura, lo custodisce e non fa mancare nulla. A tal proposito, san Girolamo scrive: «Come un’aquila, il Signore apre le sue ali su di noi, la sua nidiata. Il Signore è paragonato a un’aquila che protegge e custodisce i suoi piccoli. La similitudine è appropriata: Dio ci custodisce come un padre e come una gallina che fa la guardia ai suoi pulcini affinché non possano essere rapiti dal falco». 

Nel Nuovo Testamento Gesù prosegue l’opera di Javhè. Prima di morire, prega con queste parole: «Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato» (Gv 17,11). La Chiesa nasce dalla preghiera di Cristo. Egli l’ha accolta dalle mani del Padre, l’ha custodita e riaffidata a lui. È quello che dovrebbe fare i genitori con i figli. Essi ricevono i figli da Dio, e devono riconsegnarli a lui.

Sulla croce, Cristo allargherà le braccia perché in lui tutti possano trovare rifugio. La custodia da parte di Dio trova in Cristo la sua pienezza. In lui, la Chiesa è la comunità concreta che circonda la vita comunitaria di calore umano, di rispetto profondo, di gioia di vivere.

Cari fratelli e sorelle, questa giornata della vita ci consegna tre messaggi: custodire la vita, custodire i comandamenti della vita, essere comunità ecclesiale che custodisce ogni forma di vita. La bellezza e l’importanza di questo tema tocca tutta la nostra esistenza: dobbiamo essere custodi di tutte le forme di vita per far risplendere lo splendore originario e riconsegnare a Dio ogni cosa, dopo aver fatto fruttificare i suoi doni.  

[ad_2]

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca