Dinanzi a te io mando il mio messaggero. III Domenica di Avvento – Luce e vita

 
 

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Le parole dal ritmo festoso e incalzante del profeta Isaia ci introducono nella III domenica del tempo forte dell’Avvento, che viene definita della gioia; le stesse parole del profeta sono un chiaro invito a rallegrarci, poiché quanto sta per accadere sarà per tutta l’umanità un chiaro motivo di gioia. Come un timpano o un tamburo incoraggiano e segnano il passo della nostra vita; in un tempo di essenzialità e riflessione ci invitano ad alzare lo sguardo, a puntarlo verso l’oltre, verso la meta della vita. Siamo dunque invitati alla gioia, uno stato che non trova la sua essenza in quello che il mondo può donarci e che è possibile assicurarsi, quanto piuttosto nell’ottenere un qualcosa del tutto inaspettato. Dal punto di vista biblico questo sentimento sorge poiché il Messia, l’atteso dalle genti, sta per arrivare, già l’essere consapevoli che Lui si sta avvicinando è motivo di rallegramento. Tutto il primo testamento, con i suoi patriarchi, mediatori, re, sacerdoti e profeti, è stato una preparazione alla venuta del Cristo, Egli avrebbe realizzato le attese del popolo eletto da Dio. Ottenere un sicuro risultato non potrà mai suscitare gioia, per questo Gesù, come evidenzia il Vangelo di oggi, si manifesta come una novità assoluta poiché realizza la volontà del Padre, non tramite la via della violenza e della forza, ma per mezzo dell’amore. La gioia, dunque, è l’inaspettato che si concretizza, che ha come sua radice il dubbio, così come è stato per Giovanni Battista, il quale rimane spiazzato dalle parole e dall’atteggiamento dell’Agnello di Dio. La risposta che quest’ultimo riceve da Gesù manifesta in modo chiaro che Dio ha deciso di non spargere sangue, di non muovere nessuna guerra: i romani continueranno a imperare e lo stato d’Israele a essere diviso sotto vari regimi. Il Cristo, dunque, compie qualcosa di inatteso e insperato in quanto sana le debolezze di colui che ha perso la fede, di chi si è smarrito lungo il cammino della vita; gli esclusi ritornano a riacquistare i loro diritti di persona, l’orecchio di ciascuno è in grado di ascoltare la parola del Signore, colui che è nel peccato e per questo un invisibile, ritorna a relazionarsi con la comunità umana: Dio è per tutti, il suo amore ci rende suoi famigliari, suoi figli. La gioia adempie delle attese, ma tramite eventi mai lontanamente immaginati: Dio è il misericordioso redentore, Egli si identifica con il povero che invoca aiuto. Giovanni nella sua, racchiude tutte le nostre domande e Gesù con la sua risposta suscita gioia e ci fa dimorare in essa. La domanda del Battista è frutto di un processo esistenziale di ricerca, quest’ultimo non è una canna sbattuta dal vento, bensì ha ben chiara l’essenza della vita. Il suo interrogativo può scaturire solo nel momento in cui si decide di uscire dalle mode, nello scostarsi dalla corrente comune, nel non piegare la testa all’inclinazione del pensiero forte del momento. Il Battista è la sentinella che sta davanti a Dio anche se ancora non lo ha raggiunto, il suo sguardo verso il fine lo erge sulle mura di un’umanità disperata e dolorante. Giovanni da profeta non si astrae dal nostro oggi, è pienamente concentrato sul presente verso cui indirizza l’invito alla conversione, la sua testimonianza ci pone due antichi interrogativi: chi siamo e dove ci troviamo. La parola di Gesù trovi posto nel nostro cuore e guarendo le nostre ferite spirituali, ci aiuti ad alzare il nostro sguardo.

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