la Chiesa e i cristiani credono nella pace. Riforme siano condivise — Arcidiocesi Bari-Bitonto

 
 

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Con un pensiero alla Romagna alluvionata e alla necessità della pace («la guerra è una pandemia che ci coinvolge tutti»), il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, ha aperto la seconda giornata della 77.ma assemblea generale della Cei in corso nell’aula nuova dl Sinodo in Vaticano.

I temi

Nelle sue parole anche il grazie dei vescovi al Papa per l’incontro di lunedì e in attesa di quello di giovedì prossimo. L’introduzione, approfondita e dettagliata ha toccato molti temi dell’attualità e della vita della Chiesa in Italia. Innanzitutto il cammino sinodale, giunto – ha detto Zuppi – al giro di boa: “Dalla fase narrativa passiamo a quella sapienziale”. Il porporato ha voluto sottolineare inoltre il “rinnovato impegno” contro gli abusi sui minori, da affrontare “senza opacità, ingenuità, complicità e giustizialismi”. Ha invocato “politiche lungimiranti” per quanto riguarda la famiglia, la natalità, l’accoglienza (“accoglienza e natalità non si contrappongono”, ha detto). Inoltre “è triste la società della paura. Chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa”. E ha ricordato come “la vita per crescere e generare vita, ha bisogno di casa e di lavoro”, denunciando la logica del lavoro povero e della precarietà. C’è inoltre bisogno di casa a costi accessibili. La protesta degli studenti è perciò “una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso”.

Sulle riforme istituzionali, “decisivo è il metodo – ha detto il presidente della Cei -. Per cambiare la Costituzione è necessario ritrovare uno spirito costituente, come fu nel Dopoguerra, in cui tutte le parti sentirono la responsabilità comune”. Per questo “un primo banco di prova, come dichiarò il Consiglio Permanente nel settembre scorso, è una legge elettorale adeguata e condivisa”.

Ricordata anche la lotta alla mafia e la necessità dell’educazione alla legalità. Proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci. Il cardinale Zuppi h anche commemorato il trentesimo anniversario del discorso di San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento, ispirato dall’incontro con i genitori del beato Rosario Livatino. “Le mafie – ha sottolineato il presidente della Cei – non sono scomparse oggi, anzi si sono estese al Centro-Nord, dove prosperano largamente anche con metodi e volti in parte mutati”. Quindi “c’è bisogno di una coscienza più ampia del pericolo. Dove il tessuto sociale è slabbrato, lo Stato lontano, la gente sola, disperata, povera, la scuola indebolita, c’è terreno di crescita per le mafie. La Chiesa, comunità viva e generosa, resiste alla forza disgregativa. Non siamo il resto del passato, ma – con i nostri limiti – operiamo per la liberazione dal male e siamo nel cuore dello slancio dell’Italia verso il futuro”.

Fa ben sperare infine “il desiderio di molti giovani – circa 60mila – di partecipare alla Gmg di Lisbona. Le difficoltà ci sono con il mondo giovanile, come sappiamo; ma le più grandi difficoltà sono la paura e l’impazienza”.

Vicini alle popolazioni colpite

«In questo momento ha detto il cardinale il nostro pensiero va all’Emilia Romagna, piegata dalla furia delle alluvioni, dalle esondazioni dei fiumi e dalle tante frane. L’acqua e il fango hanno mietuto vittime, devastato territori, distrutto abitazioni e aziende, cancellato ricordi e sacrifici. Anche questa volta piangiamo per esserci presi troppa poca cura della nostra Casa comune. Nell’abbracciare la gente dell’Emilia Romagna, che ha rivelato tanta solidarietà e laboriosità, ringrazio quanti – istituzioni, Forze dell’Ordine, Protezione Civile, volontari – si stanno prodigando per portare aiuto concreto e consolazione, fino ai luoghi più isolati. Un grazie anche ai sacerdoti, alle parrocchie e agli Istituti religiosi, ai tanti volontari che generosamente e spontaneamente si sono organizzati per aiutare in questo vero e proprio “ospedale da campo”. Tra di loro vi sono molti ragazzi e giovani che hanno deciso di dare una mano in modo concreto, per alleviare le sofferenze con la lor forza e la loro speranza. L’impegno è mantenere lo stesso spirito di solidarietà e di comunità nei prossimi mesi e forse anni per riparare quanto la furia delle acque ha rovinato».

Sulla pace

Quanto alla pace, Zuppi ha notato: «Per noi la pace non è solo un auspicio, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti. Durante la Seconda Guerra mondiale la Chiesa era tra la gente e sul territorio. Proprio tra pochi giorni ricorderemo i sessant’anni della morte di San Giovanni XXIII, che visse due guerre e attualizzò con efficacia il messaggio pacifico della fede con la Pacem in terris, cominciando a rivolgersi agli “uomini di buona volontà”. Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Lo siamo – mi sembra – per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo. Come cristiani italiani, con il Papa, siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina e perché “si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace” (Pacem in terris, 91).
Preghino tutte le nostre comunità intensamente per la pace! L’impegno di intercessione cambia la storia, come diceva Giorgio La Pira. C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare».

Il cammino sinodale

Zuppi ha fatto anche un bilancio di quanto compiuto fin qui e indicato la direzione dell’ulteriore tratto del cammino. “Le tante attese che l’incontro suscita chiedono la rivisitazione di tanti nostri modi, un cambio di paradigma per incontrare, ascoltare, prendere sul serio, stabilire relazioni personali nelle quali tutti dobbiamo essere coinvolti”. Non “la freddezza del funzionario”, dunque, ma neanche “l’omologazione”. “Non possiamo nascondere – ha ricordato ancora il cardinale – che in questa prima fase del Cammino sinodale sono emerse fatiche, in vari ambiti e per varie ragioni: alcune diocesi avevano appena celebrato o erano in piena
celebrazione di un Sinodo diocesano e si sono trovate quindi già avanti nel percorso, dovendo aspettare tutti gli altri; alcuni hanno chiesto chiarimenti o hanno persino avanzato dubbi sulla opportunità dello strumento sinodale stesso per affrontare i nodi della vita della Chiesa odierna. Dobbiamo registrare – ha aggiunto – alcune difficoltà nei nostri presbiteri, che ovviamente ci devono far riflettere. Il processo, però, è avviato e procede, grazie alla dedizione di tanti, tra i quali menziono la Presidenza e il Comitato del Cammino sinodale, presieduto da Mons. Erio Castellucci. I referenti diocesani hanno svolto un ruolo decisivo e promettente”.

Per il futuro il presidente della Cei ha chiesto di agire con discernimento e preghiera. “Quali domande esigono da noi una decisione saggia?”. In altri termini “serve uno stile di vita personale forgiato sulla Parola di Dio”. Il cammino sinodale, ha detto Zuppi, “ci educa al discernimento e alla lettura dei segni dei tempi. Insieme: spesso una coscienza isolata non arriva a vedere dove invece giunge uno sguardo comunitario e sinodale”. Oggi perciò, occorre lo spirito missionario di Paolo, “quella capacità di abbattere i muri dell’abitudine, di incontrare audacemente persone e mondi nuovi ed entrare in relazione con il “popolo numeroso” delle nostre città”.

Mimmo Muolo

© Avvenire, martedì 23 maggio 202

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