la fede reale non meno della storia – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

[ad_1]

Articolo del Vescovo apparso su “Nuovo Quotidiano di Puglia- Lecce”
venerdì 4 novembre 2022, pp. 1 e 27.

Un recente libro discute la questione della storicità e dell’identità di Gesù[1]. Il dibattito è tra chi sostiene che Gesù non sia mai esistito e sia un “mito” e chi ritiene che sia esistito, ma sia stato semplicemente un “rivoluzionario”. Non è possibile in un breve articolo dare conto di questioni molto complesse. Si può solo sintetizzare il contenuto fondamentale delle rispettive tesi e indicare l’intenzione di fondo che le anima.

Robert M. Price (pp. 13-24) e Richard Carrier (pp. 25-41; 75-91; 109-121), sostenitori della tesi mitica, negano qualsiasi attendibilità e veridicità alle fonti canoniche e a quelle extra canoniche. Gli scritti neotestamentari non sarebbero altro se non una riedizione di miti antichi. I sostenitori della storicità di Gesù «si atteggiano a studiosi obiettivi ma sono di fatto degli spin doctor di un’istituzione nella quale hanno investito così tanto che è sconsigliabile riconsiderare le questioni» (p. 22). Rispondendo a questa tesi, Fernando Bermejo-Rubio e Franco Tommasi tengono a precisare di non appartenere a «nessuna chiesa» (p. 43) e, dopo aver criticato le posizioni miticiste (pp. 43- 54), affermano che «la negazione dell’esistenza di Gesù è una soluzione improbabile» (p. 51). «Paradossalmente il miticismo finisce per essere lo «specchio, l’altra faccia della stessa medaglia» (p. 53). Tuttavia, in parziale accordo, «concedono ai miticisti che l’esistenza di Gesù non debba essere asserita in maniera apodittica, ma piuttosto in termini di stima probabilistica» (p. 52). La loro tesi è che Gesù sarebbe stato un visionario orientato in senso nazionalistico (pp. 55-73), «in qualche modo coinvolto nella resistenza antiromana» (p. 72). 

La discussione, poi, verte sul fatto che la plausibilità dell’esistenza di Gesù non indica necessariamente la sua probabilità (pp. 75-121). Tuttavia, «gli autori di questo testo concordano sulla natura probabilistica delle affermazioni a riguardo di Gesù, una natura esacerbata da scarsità, parzialità e frammentarietà delle fonti» (p. 132). In definitiva, rimangono «due conclusioni principali ovvero il Gesù inesistente, il Gesù consapevole portatore di una rivendicazione regale nel nome di Davide» (p. 137). In realtà, rimane «una sola vera possibilità, quella di un Gesù pienamente partecipe dell’ortodossia ebraica e chiaramente schierato sul fronte antiromano (p. 137)».  

Le due tesi vengono contrapposte per consentire un dibattito approfondito. Nonostante le differenze, convergono su due punti: la natura probabilistica della ricerca storica su Gesù e il pregiudizio anticonfessionale che si potrebbe definire “pregiudizio razionalistico”. Quanto al primo aspetto, gli autori sostengono che «tutti i giudizi storici devono essere considerati provvisori, tentativi, sempre potenzialmente aperti ad essere sostituiti da qualche ipotesi che renda meglio conto degli elementi disponibili» (p. 22). Per avvalorare questa prospettiva, nella parte introduttiva, Franco Tommasi cita l’articolo di Justin Meggit secondo il quale «è improbabile che la questione della storicità di Gesù scompaia nel prossimo futuro, per quanto alcuni studiosi del Nuovo Testamento possano desiderarlo (e non dovrebbero). La questione non appartiene al passato e non è irrazionale sollevarla: non dovrebbe essere liquidata con dei problematici appelli a competenze e autorità». Insomma, la storicità di Gesù è di natura probabilistica e mai definitivamente risolta. Gesù sarebbe una sorta di fantasma: c’è e non c’è, «forse che sì, forse che no». 

Circa la seconda questione, gli autori coltivano concordemente «l’identica diffidenza per l’apologetica confessionale, che rivendica obiettività a dispetto del massiccio uso di argomenti ad hoc e interessi nascosti di natura religiosa e teologica, che spesso impediscono una riflessione critica e onesta su Gesù di Nazareth» (p. 43). Pur sostenendo tesi differenti, concordano «nel denunciare il carattere infondato e implausibile del contenuto di molti lavori moderni sul Gesù storico, che sono il risultato di arbitrarietà e mancanza di senso storico. La maggior parte dei lavori su Gesù che si presentano come studi storici sono di fatto, nel migliore dei casi, ibridi di storia e teologia» (pp. 44-45). Pertanto «i cosiddetti “criteri di storicità” implicano molti più problemi di quanto non si ammetta generalmente» (p. 49). Tuttavia, «nonostante essi siano spesso usati con ingenuità e arbitrarietà, gli attacchi al “criterio di imbarazzo” non sembrano persuasivi” (p. 49).

In questa breve risposta, sottolineo innanzitutto che la pretesa neutralità e oggettività dell’interprete è un “mito”. Secondo Gadamer, nessun interprete «può proporsi di prescindere da sé stesso e dalla concreta situazione ermeneutica nella quale si trova»[2]. Occorre poi tenere presente che gli scritti neotestamentari non sono né invenzioni, né cronache, né biografie, ma documenti nei quali vige un’inscindibile unità tra fede e storia. L’esame storico-critico non può che essere condotto all’interno dell’intenzione di fede degli autori. L‘interprete, credente e non credente, dovrebbe tener presente che non si tratta di “documenti neutri”, ma di “testimonianze di fede di un evento storico”. Si potrebbe parlare di un circolo ermeneutico: la fede illumina la storia e la storia illumina la fede. La fede, infatti, non è meno reale della storia, come riconosce anche Ludwig Wittgenstein, padre nobile del neopositivismo, quando afferma che «la religione cristiana non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato e di ciò che sarà nell’anima umana, ma è la descrizione di un evento reale nella vita di un uomo. Infatti, il riconoscimento del peccato è un evento reale, e la disperazione pure e così anche la redenzione mediante la fede»[3].


[1] F. Bermejo-Rubio, R. Carrier, F. Tommasi, Gesù resistente Gesù inesistente. Due visioni a confronto. Con un saggio di R. M. Price, traduzione dall’inglese di Franco Tommasi, Manni Editore, San Cesario di Lecce, 2022. Vedi anche il precedente libro di F. Tommasi, Non c’è Cristo che tenga, Manni Editore, San Cesario di Lecce, 2014. 

[2] H.-G. Gadamer, Verità e metodo, Bompiani 2000, p. 699.

[3] L. Wittgenstein, Pensieri diversi, M. Ranchetti (a cura di), Adelphi Edizioni, Milano 1988, pp. 61-62.

[ad_2]

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca