L’infinita leggerezza dell’amore – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Articolo del Vescovo apparso in “Nuovo Quotidiano di Puglia- Lecce”
sabato, 24 dicembre 2022, pp. 1 e 7.

Nella Lettera apostolica «Admirabile signum» sul valore del presepe, Papa Francesco ricorda che il mistero dell’Incarnazione rivela che Dio è amore e noi siamo fatti d’amore e per amore e sottolinea che la leggerezza dell’amore mette le ali alla vita, nonostante tutte le pesantezze che, a volte, la rendono insopportabile e detestabile[1]

Proprio sul tema della leggerezza si sofferma Italo Calvino nella prima delle sue famose “Lezioni americane”[2]. Egli parte dalla convinzione che la pesantezza sia il vero male del nostro tempo. A uno sguardo non superficiale, sembra che una lenta pietrificazione, più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, incomba sul mondo e sugli uomini, senza risparmiare nessun aspetto della vita. 

Ritenendo «la leggerezza un valore anziché un difetto», Calvino si augura che la si riscopra come uno dei valori essenziali del terzo millennio, in modo da togliere ogni peso all’esistenza e al linguaggio. Tra gli altri autori classici a cui fa riferimento, riprende il mito ovidiano di Perseo e di Medusa, individuando diversi richiami alla leggerezza. Perseo riesce a decapitare Medusa perché indossa sandali alati e si appoggia a ciò che vi è di più leggero, venti e nuvole. L’eroe, inoltre, per evitare di essere pietrificato dallo sguardo della Gorgone, osserva l’immagine riflessa nel suo scudo. Dal sangue di Medusa, poi, nasce Pegaso che è come dire che dalla pesantezza della pietra si manifesta l’opposto, la leggerezza di un cavallo alato. Inoltre, il mito sottolinea che Perseo si prende cura con delicatezza della testa della Gorgone, strumento potente, ma al contempo molto fragile, posandola con gentilezza su ramoscelli marini. Questi vengono trasformati in coralli. In tal modo, le ninfe non hanno più paura di avvicinarsi all’orribile testa per raccogliere alghe e ramoscelli e adornarsi dei coralli. La leggerezza di Perseo vince la forza malefica della Medusa, fin quasi a trasformarla in una forza benefica. 

La suggestione del mito, in un certo senso, è quasi un’allusione al mistero del Natale. L’evangelista Luca racconta la nascita di Gesù in un gioco leggero di luci e di suoni, nel silenzio della notte. Tutto è soffuso in un’atmosfera di misteriosa e dolce levità. Un’intera schiera di angeli si libra in volo. Cosa c’è di più leggero del volo degli angeli? Volano perché in loro non c’è spazio per sentimenti pesanti, né c’è odio e rancore, ma soltanto amore, forza che li eleva in alto, sopra il cielo e le stelle. 

Volteggiando nel loro mondo celeste, cantano il “Vangelo degli ultimi”[3], annunciando la buona notizia della vicinanza di Dio agli oppressi, ai feriti, ai dimenticati. Il soave canto degli angeli giunge ai pastori, gli ultimi del mondo, e li risveglia dal sonno invitandoli a cantare il lieto inno di lode: «Gloria a Dio nell’ alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, amati dal Signore» (Lc 2, 14). Finalmente la terra diventa leggera come il cielo e la gloria del cielo annuncia la pace sulla terra. 

La parola “gloria”, kabod in ebraico, indica la “pesantezza di Dio” cioè la sua infinita bellezza così come è possibile vederla da parte degli uomini. La potenza della Maestà di Dio è racchiusa nella fragilità e nella leggerezza di un neonato. Quanto pesa un bambino appena nato? Nella piccolezza di questo Bambino c’è l’infinito spessore dell’immensità divina[4]. Su di lui, sulle sue fragili spalle, poggiano i destini del mondo e dell’umanità, secondo la profezia di Isaia (cfr. Is 9, 5-6).

Il mito di Perseo e Medusa, reso evento storico dalla nascita di Gesù, svela così la bellezza di una vita vissuta nel segno della leggerezza. «La leggerezza per me – scrive Italo Calvino – si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Paul Valéry ha detto: “Il faut etre léger comme l’oiseau, et non comme la plume”». Leggerezza vuol dire essere «come l’uccello che vola, e non come la piuma». Non è mancanza di profondità e di impegno, non è nemmeno superficialità e frettolosità, ma è vivere senza pesi nell’animo, godere delle cose che la vita ci offre. Leggerezza è conservare una riserva di energia spirituale per non soccombere sotto i blocchi di pietra che rendono pesante la vita. 

La pesantezza – scrive Simone Weil – si oppone la levità della grazia[5] e tira le cose in basso. La grazia solleva e dona la capacità di svuotarsi del proprio orgoglio e di vivere in umiltà. È il concetto cristiano della kenosi, dell’amore che accetta di abbassarsi e di compiere il gesto del Verbo di Dio che abbandona la propria condizione divina per divenire simile agli uomini, nascere nel mondo, uomo tra gli uomini, e morire per la loro salvezza (cfr. Fil 2, 5-8). 

È questo il messaggio del Natale: l’infinita leggerezza dell’amore di Cristo rende leggera la vita. Il più famoso canto natalizio, Tu scendi dalle stelle, rimodula in una versione popolare questo tema fondamentale. Cristo, mosso solo dal suo divino amore, «scende dalle stelle e viene in una grotta al freddo e al gelo». Con la leggerezza del suo amore affronta con coraggio la difficile discesa dalla dimora celeste per abitare nelle sfere più oscure di questo mondo. La leggerezza di questo amore semplifica le cose, rende liberi e stimola ad amare gratuitamente, senza distinzioni, senza limiti, senza condizioni. «Amore – afferma santa Teresa d’Avila – domanda amore». Per questo aggiunge: «Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica»[6]. Chiediamo a Gesù Bambino questo dono. Buon Natale! 


[1] «Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui», Francesco, Admirabile signum, 1; cfr. R. Mensuali, Leggero come l’Amore. Riflessioni sul sentimento che sa durare, San Paolo Edizioni, Cinisello balsamo (MI) 2021.

[2] Il 6 giugno 1984, Calvino fu invitato dall’Università di Harvard a tenere un ciclo di sei conferenze magistrali, precedentemente affidate ad intellettuali dal calibro di T. S. Eliot, Igor Stravinsky, Erwin Panofsky, Jorge Luis Borges, ed altri. Dovevano essere sei conferenze a tema libero da tenersi nel corso di un anno accademico, che nel suo caso sarebbe stato l’anno accademico 1985/86. Lo scrittore però morì nella notte fra il 18 e il 19 Settembre 1985, e il testo fu pubblicato postumo dalla moglie, Esther con il titolo Lezioni americane – Sei proposte per il prossimo millennio, Garzanti, Milano, 1988.

[3] Cfr. E. Affinati, Il vangelo degli angeli, HarperCollins, Milano, 2021.

[4] Cfr. P. Curtaz, La leggerezza di Dio. Il Natale autenticoPaoline Editoriale Libri, 2015.

[5] Cfr. S. Weil, La Pésanteur et la grâce, Plon, Parigi 1947; L’ombra e la grazia, tr. it. di Franco Fortini, Edizioni di Comunità, Milano 1951.

[6] Teresa di Gesù, Il libro della vita, 22, 14.

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