Messa del Crisma. Ricchiuti: «L’unzione di Gesù avviene con l’azione dello Spirito Santo»

 
 

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L’OLIO DEL CAMMINO SINODALE

Omelia per la Messa Crismale

Cattedrale di Altamura

5 aprile 2023

 

 

Sorelle e fratelli carissimi, fratelli vescovi Mario e Giacinto, Presbiteri diocesani e religiosi, Diaconi e Ministri istituiti, Religiose, Consacrate, Seminaristi e Comunità vocazionale, rappresentanti delle nostre Comunità parrocchiali, delle Associazioni, delle Confraternite e dei Movimenti ecclesiali,

 

benvenute e benvenuti tutti all’annuale celebrazione della Messa Crismale nella Cattedrale di Altamura, nel vespro di questo mercoledì della Settimana Santa, per sperimentare ancora una volta la sua unicità nella benedizione e consacrazione degli oli, con i quali – durante l’anno – celebriamo i divini misteri.

Questi segni, affidati ordinariamente al ministero del Vescovo e dei Presbiteri, richiamano un’azione particolare dello Spirito nella vita della Chiesa.

L’unzione con l’olio è un gesto già presente nell’Antico Testamento: con esso venivano unti i re, i sacerdoti, i profeti.

Citando il profeta Isaia, Gesù si presenta come il Cristo, l’Unto di Dio, dicendo di sé stesso: “per questo mi ha consacrato con l’unzione” (Lc 4, 18).

L’unzione di Gesù, però, a differenza dell’Antico Testamento, non avviene con un olio, ma attraverso l’azione dello Spirito Santo. Nella sinagoga di Nazareth, come sulle rive del Giordano, Gesù riceve il dono dello Spirito Santo e si manifesta come il Figlio di Dio, sul quale “il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo” (Gv 6, 27).

A partire dal simbolo dell’unzione, desidero condividere tre sollecitazioni, che potrebbero accompagnarci nella celebrazione di questa sera.

 

  1. L’olio penetra nella pelle e la rinnova

Nella preghiera di consacrazione del Crisma, il Vescovo chiede che l’olio penetri e santifichi la vita dei battezzati. L’unzione non è l’applicazione superficiale di un unguento: è indispensabile che l’olio sia strofinato, affinché superi gli strati superficiali della pelle e, così, penetri a fondo per nutrirla.

Come per il corpo, così per l’anima, l’unzione dello Spirito non si ferma alla superficie, non si esaurisce in un rito: essa “penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4, 12). Così, attraverso i sacramenti, siamo uniti a Cristo, affinché quest’olio possa giungere sino al nostro cuore.

È nel cuore, infatti, che lo Spirito compie la sua opera: “Lava, bagna, sana, piega, scalda, raddrizza”, come recita la Sequenza allo Spirito Santo, che proclameremo nel giorno di Pentecoste. Perché tutto questo avvenga, però, è necessario che, come la pelle, anche il nostro cuore sia permeabile all’azione dello Spirito.

Certamente, tutti ci siamo avvicinati alla vita cristiana con l’entusiasmo della fede, con la gioia del primo incontro, con la disponibilità all’azione di Dio in noi. Abbiamo aperto i pori della nostra anima all’azione dello Spirito. Ma la vita del cristiano non è immune da tentazioni, sconfitte o difficoltà. Così, nel tempo, non è difficile che la nostra esistenza sia attraversata da pensieri, bisogni o motivazioni differenti dal Vangelo. Anche questi entrano nel nostro cuore!

Ricordo con voi, carissimi Presbiteri, l’unzione del capo e delle mani nel giorno della nostra Ordinazione, memoria costante dell’opera dello Spirito nella nostra vita (porgiamo oggi i nostri auguri, in particolare, a Mons. Giacinto Berloco per i suoi 33 anni di Ordinazione Episcopale; a Mons. Giovanni Giorgio, che il prossimo 25 luglio compirà 75 anni di Ordinazione Presbiterale; a P. Douglas Josè Marcolino, dje, che invece a giorni ne compirà 5 mesi; a don Vincenzo Panaro e don Peppino Creanza, che proprio oggi compiono 26 anni, mentre ricordiamo nella preghiera Don Nicola Lorusso, deceduto lo scorso 28 maggio). Nel rinnovare, oggi, le promesse sacerdotali, lasciamo che lo Spirito penetri nel nostro cuore e faccia risuonare l’eco del “primo amore” (Ap 2, 4), lo slancio dei primi passi.

La consacrazione delle nostre mani sono un riflesso della vita sacerdotale, in cui agisce lo Spirito. L’azione del Presbitero in persona Christi, perciò, non è un’azione sostitutiva o una delega ricevuta da Cristo, né un’azione svolta al posto suo, come se tutto dipendesse da noi o dalle nostre capacità.

 

  1. L’olio illumina il volto

Sempre nella preghiera di consacrazione del Crisma, vi è un secondo riferimento all’unzione. Il Vescovo dirà: “l’unzione dell’olio ha fatto riapparire sul volto dell’uomo la tua luce gioiosa”. In queste parole, l’atto di ungere è rivolto al viso, sul quale l’olio assume una funzione “cosmetica”, rendendolo più luminoso, fino a somigliare al volto di Cristo. È ciò che il Vescovo chiede nella seconda formula di benedizione: che i battezzati, “resi più somiglianti al Cristo con l’unzione dello Spirito Santo, diventino partecipi della sua missione profetica, sacerdotale e regale”.

L’azione dello Spirito “fa brillare il volto” (Sal 104, 15) con il balsamo della carità, aspirazione più grande a cui tende il cuore e la mente del discepolo di Gesù (cf. 1Cor 14, 1).

Nel brano del Vangelo abbiamo ascoltato: “gli occhi di tutti erano fissi su di lui” (Lc 4, 20). Agli sguardi incuriositi dei concittadini di Gesù, il Maestro risponde presentandosi come l’Unto, il Cristo che porta a compimento l’opera di Dio nella sua vita. Proprio perché Unto, Egli è “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).

In Gesù, l’identità e la missione sono unificati dall’azione dello Spirito. Sul suo volto gli abitanti di Nazareth possono cogliere i tratti di una esistenza lontana da forme di narcisismo o compiacimento. Un volto è luminoso, infatti, nella misura in cui non riflette la luce su sé stesso, non trattiene, ma attrae. Solo così è capace di attirare gli sguardi. Solo così la sua unzione non è un privilegio, uno status, né un motivo di separazione dal popolo. La sua consacrazione non separa, ma unisce il Messa con il suo popolo attraverso il vincolo della carità.

L’unzione ricevuta nel battesimo, perciò, rende le nostre esistenze un dono per l’altro, non solo quando svolgiamo un compito, riceviamo un ministero o siamo investiti di una responsabilità. Un volto luminoso riflette la luce in modo inconsapevole nelle azioni quotidiane, in gesti e stili di vita ordinari, in quelle opere che dinanzi al giudizio di Dio, con stupore, fanno domandare: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?” (Mt 25, 37).

Non mancano le fatiche nel ministero presbiterale che, se non sono mosse dalla carità del pastore, diventano fonte di frustrazione, motivo di lamentela, occasione di fuga.

 

  1. L’olio tonifica e fa scivolare il male

L’unzione con l’olio richiama un ultimo uso noto. Nell’antichità gli atleti e i lottatori, per rendere tonici i muscoli e sfuggire alla presa dell’avversario, ungevano il corpo con l’olio. Questa unzione viene richiamata nel rito del Battesimo, quando – ungendo il petto del bambino – il Sacerdote dice: “Ti ungo con l’olio, segno di salvezza, ti fortifichi con la sua potenza Cristo Salvatore”.

Sul bambino, unto con l’olio dei catecumeni, viene rivolta una preghiera, perché possa sfuggire alla tentazione, svincolandosi non con la furbizia o la forza, ma attraverso l’azione dello Spirito.

Siamo chiamati – lasciatemi passare l’espressione – a “farci scivolare il male di dosso”. Questo può avvenire in due modi.

Il primo, è l’indifferenza. Potremmo pensare che il modo migliore per combattere il male sia quello di voltare lo sguardo, di restare indifferenti a situazioni o persone. È evidente nella nostra vita personale: se nel tempo diventiamo indifferenti verso amici, colleghi, confratelli, un po’ alla volta perdiamo la tonicità di una vita luminosa, generosa, misericordiosa. Tutto diventa più faticoso. Così nella vita ecclesiale e pastorale: l’indifferenza verso il cammino della Chiesa, le indicazioni pastorali, la vita di Comunità parrocchiali vicine o del ministero di altri pastori, l’indifferenza verso le necessità, le richieste, le vite dei fedeli fa perdere tonicità al ministero dei Presbiteri. Se ci lasciamo scivolare di dosso la vita delle persone affidate, le sollecitazioni che ci vengono dal Magistero, il nostro ministero, anche se ricco di attività o impegni, non riflette la luce della carità pastorale che riceviamo dall’unzione dello Spirito.

Il secondo atteggiamento ce lo ha indicato San Paolo: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12, 21). La carità ci spinge a non essere indifferenti.

All’indifferenza, Gesù contrappone l’atteggiamo del Buon Samaritano. Le mani del Samaritano si ungono dello stesso olio con il quale unge l’uomo che incontra per la sua strada. È ciò che sperimentiamo nel nostro ministero presbiterale: mentre ungiamo con l’olio della predicazione, dei sacramenti, della carità, della misericordia, siamo unti anche noi. Quando ungiamo un ammalato con l’olio degli infermi, portiamo in noi quella consolazione “con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2Cor 1, 4).

Quante occasioni ci offre il nostro ministero per la nostra santificazione! Le nostre mani restano unte mentre ungiamo gli altri. L’olio dell’indifferenza ci lascia con le mani pulite, l’olio dello Spirito ci unge con l’amore con il quale il Signore ama l’ammalato, consola lo sfiduciato, incoraggia il deluso. Lo stesso amore viene “riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).

L’olio con il quale sono state unte le nostre mani sia per noi un invito a lasciar andare ciò che non serve al nostro ministero. Così potremo, nella nostra preghiera, “alzare al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche” (1Tm 2, 8).

 

Sorelle e fratelli carissimi, questa sera invocheremo il dono dello Spirito su questi oli (frutto degli ulivi del “Miulli”, a cui si è aggiunto anche quello di un uliveto di proprietà della nostra Diocesi, insieme al profumo del bergamotto, dono come da tradizione della diocesi di Locri-Gerace a tutte le diocesi italiane) e su ognuno di noi. Preghiamo gli uni per gli altri.

E voi, fratelli Presbiteri, rinnovando le promesse sacerdotali, guardate le vostre mani: con quelle mani invocate il dono dello Spirito, celebrate l’Eucaristia, assolvete dai peccati, ungete i catecumeni e gli ammalati, incontrate le persone in difficoltà e, soprattutto, benedite. Non stancatevi mai, dunque, di benedire, perché, attraverso di voi, Dio possa benedire il suo popolo.

Intercedano per noi la Vergine Maria, Madre della Chiesa, e tutti i Santi Patroni di questa nostra amata diocesi.

Amen! Così sia!

 

+ Giovanni, Vescovo

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