«Torniamo allo spirito di Bernadette» — Arcidiocesi Bari-Bitonto

 
 

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Nominato vescovo di Tarbes e Lourdes da papa Francesco lo scorso marzo, monsignor Jean-Marc Micas era, fino a quel momento, superiore provinciale per la Francia della Compagnia dei sacerdoti di San Sulpizio. Il suo predecessore, Nicolas Brouwet, nominato sul finire del papato di Benedetto XVI, non aveva mostrato abbastanza piglio nel guidare il santuario internazionale in un tempo di crisi (prima le inondazioni, poi la pandemia). Tre anni fa il Santo Padre ne aveva deciso l’allontanamento, sostituendolo con un delegato pontificio, fino all’arrivo di un nuovo vescovo che  potesse godere della fiducia di Roma e di quella dell’episcopato francese a un tempo.

Il cardinale Marc Ouellet, prefetto del dicastero per i vescovi, pure lui sulpiziano, ha trovato in monsignor Micas l’uomo di Dio capace di ridare la sua anima al santuario mariano, dopo anni di deriva pastorale segnati da un marketing aggressivo, molto lontano dal Vangelo e dalla fiducia nella divina provvidenza.  La sfida attuale consiste nel riportare a Lourdes lo spirito di santa Bernadette affinché i pellegrini del mondo intero ritrovino il gusto di venire a pregare alla grotta di Massabielle senza essere assaliti da una serie di sollecitazioni commerciali.

«Mi approccio alla missione che papa Francesco mi ha affidato con serietà e fiducia», dice monsignor Micas. «Serietà perché sono consapevole che dopo le difficoltà vissute dal santuario di Lourdes, il nuovo vescovo è “atteso” da molto. Durante l’emergenza sanitaria, il Santuario ha chiuso i battenti per diverse settimane: era la prima volta dalle apparizioni del 1848 ed è stato un grande trauma, tra i cappellani, tra i sacerdoti preposti all’accoglienza dei pellegrini, tra gli operatori che lavorano qui con il cuore, tra gli abitanti del luogo e i devoti stranieri in ogni parte del mondo. Il compito di un vescovo è oggi più delicato che mai, soprattutto in Francia dopo gli scandali legati agli abusi commessi dai sacerdoti, e perché ci si aspetta che nuovi vescovi aiutino la Chiesa a riconquistare la fiducia di tutti coloro ai quali deve annunziare il Vangelo».

Prima di questa sua designazione qual era il suo rapporto con Lourdes?

«A 22 anni sono entrato in seminario a Tolosa e a 28 sono stato ordinato sacerdote: nel mio cammino, Lourdes ha sempre occupato un posto importante: all’età di 18 anni, sono diventato membro dell’Ospitalità diocesana a Tolosa. Lì ho scoperto Lourdes dalla parte dei malati e il servizio loro offerto da tutti i tipi di credenti: giovani, vecchi, alcuni pieni di fede, altri con una fede più esitante. Lì ho sperimentato una carità infinita, scambi umani di immensa ricchezza, condivisioni di fede come raramente ho riscontrato altrove. Vicino alla Grotta di Massabielle e alla Vergine si gode di una grazia molto speciale. Bernadette disse di Maria: “Lei mi guardava come una persona”. Nel periodo dei miei studi in seminario, tornai qui ogni anno per trascorrere 3 settimane accogliendo e accompagnando i pellegrini. Così, ho imparato a diventare pastore di un popolo di persone diverse, e ad accompagnarlo con rispetto e gioia nel suo cammino spirituale».

Secondo lei, qual è la sfida pastorale che la Chiesa deve raccogliere oggi in questo luogo d’alta spiritualità?

«È una sfida che ha più facce, è plurima. Innanzitutto, però, è accogliere, accogliere, accogliere… Accogliere l’umanità nella sua diversità, nella sua povertà, accogliere come Cristo accoglie: nella verità e nella carità. Papa Francesco ha detto di vedere la Chiesa “come un ospedale da campo”, che deve curare le ferite più gravi prima di preoccuparsi dei livelli di zucchero o di colesterolo nel sangue. Ebbene, Lourdes è un luogo privilegiato per comunicare agli uomini che Dio li ama incondizionatamente, e poi per indicare loro il cammino impegnativo che permette, nella sequela di Cristo e dei santi, aiutati dalla tenerezza materna di Maria, di diventare santi, e quindi realizzati e felici nella propria umanità».

Oggi arrivano qui tante persone di origine asiatica o africana fuori dai pellegrinaggi organizzati per lo più europei, come si adatta il santuario a queste nuove ondate di pellegrini di altre culture prive di una guida pastorale?

«La crisi sanitaria ha portato i responsabili del Santuario, Vescovo, Rettore e Cappellani, a inventare nuove vie per raggiungere i pellegrini che non possono venire a Lourdes. Grazie ai mezzi di comunicazione odierni, la Messa alla Grotta celebrata ogni giorno, la preghiera del Rosario, le catechesi e le conferenze che presentano il Messaggio di Lourdes, sono state rese accessibili e diffuse nel mondo. Questo modo di agire provocato nel contesto della crisi continua a svilupparsi oggi, parallelamente al ritorno dei pellegrini. Molti messaggi che ci arrivano da ogni dove raccontano quante aree del mondo non abituate a Lourdes abbiano apprezzato questa nuova vicinanza. Certo, nulla sostituisce un vero pellegrinaggio in loco: c’è una grazia specifica in questo processo che deve essere anche “fisica”, ma il messaggio viene così portato “fino ai confini della terra” come dice il Vangelo, e permetterà che tante altre persone scoprano Nostra Signora di Lourdes e Santa Bernadette, e magari decidano di organizzarvi un pellegrinaggio un giorno. Questa “chiamata”a ppartiene al segreto del cuore di ciascuno e della sua storia con Dio».

Quale aspetto del messaggio di Lourdes le sembra più attuale?

«L’invito a pregare per la conversione dei peccatori. Con esso Maria esprime un aspetto importante del messaggio cristiano, dell’annuncio del Vangelo, tradotto in un versetto del Vangelo di Giovanni che amo particolarmente: “Io vengo perché gli uomini abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Oggi il mondo è “bagnato” in una “cultura di morte”, come spesso denunciava san Giovanni Paolo II. Ebbene: Lourdes ha un grande ruolo da svolgere nel convertire la cultura della morte in una cultura della vita. La preghiera per la conversione dei peccatori (che Maria affida come messaggio a santa Bernadette), invita i cristiani a volere e ad operare per la conversione dei peccatori, a volere la loro vita non la loro morte, e ad impegnarsi al servizio della vita in tutte le sue forme. C’è un’emergenza planetaria in questo momento».

A volte, in alcuni luoghi sacri, il marketing sembra sostituire la fiducia nella Provvidenza e l’evangelizzazione diventa secondaria rispetto alla raccolta di fondi in tempi di crisi economica. Come pensa di evitare questo rischio?

«Questo mi sembra un eterno quesito nella Chiesa. Non possiamo vivere senza risorse, è un fatto umano. Il Santuario di Lourdes ha molti dipendenti, locali che necessitano di manutenzione, ecc., e quindi ha bisogno di risorse per garantire la sua missione di accogliere i pellegrini e trasmettere il Messaggio affidato da Maria a Bernadette. Questo è un fatto che tutti comprendono bene. Comprenderlo e provvedere di conseguenza è una cosa; essere troppo “preoccupati” è un altro che può esporre al rischio del conflitto spirituale denunciato nel Vangelo: “Non si possono servire due padroni: Dio o il denaro”. La crisi economica mondiale, da cui non sono risparmiate le realtà del Santuario di Lourdes, ha reso necessario il rivolgersi ad esperti del mondo della finanza. Assumono la loro missione con competenza, e oggi Lourdes è ben gestita da questo punto di vista: con quanta più responsabilità e senso della realtà possibile. Ma bisogna sempre tenere presente che i mezzi finanziari sono mezzi e non un fine. Sono al servizio della missione spirituale e pastorale e non viceversa. La mia missione, come quella di tutti i vescovi e pastori della Chiesa ovunque nel mondo, è di garantire questo. Come parroco, ho sperimentato che quando il modo di annunciare e vivere il Vangelo è buono, vissuto con retto spirito, i mezzi ci vengono dati dalla Provvidenza. Mi avvicino alla mia missione con la stessa fiducia, e desidero che tutti i collaboratori del Santuario di Lourdes siano attenti al fatto che siamo soprattutto servitori del Messaggio di Lourdes: il resto lo darà Dio, io ne sono certo. Se ci occupiamo prima delle cose materiali, rischiamo di vendere le nostre anime al dio denaro e di perdere tutto…».

Che intende fare per rendere più accessibile il Sacramento della Riconciliazione a Lourdes, come chiede insistentemente papa Francesco per tutti i santuari del mondo?

«Al momento della mia nomina, il Nunzio Apostolico mi ha detto quanto papa Francesco avesse insistito affinché il vescovo scelto fosse attento al fatto che Lourdes è un luogo della Chiesa dove deve respirarsi la misericordia di Dio. Ricordo un incontro che ha avuto con il clero romano poco dopo la sua elezione nel 2013. Lì ha insistito sul fatto che i sacerdoti non fossero “né rigorosi né lassisti” nel loro modo di vivere il sacramento della riconciliazione, perché nessuno dei due atteggiamenti si prende realmente carico del peccato sottoposto, non giova né alle persone né alla Chiesa. C’è un’osservazione del Papa che mi ripeto insistentemente iniziando qui la mia missione. “È la misericordia che voglio e non i sacrifici”. Ho sentito che Lourdes ha la reputazione di un luogo dove tutti i peccatori possono venire a cercare consolazione e perdono, incoraggiamento e autentica illuminazione sulla verità della loro vita. Non nel giudizio e nella severità che condanna il peccatore e gli impone di presentarsi «già santo» per «meritare» il perdono di Dio, ma nella carità e nella benevolenza che rendono possibile la conversione e l’esigenza che ne deriva. Nel Vangelo, i peccatori si convertono dopo aver incontrato Gesù, non prima! Dev’essere lo stesso in un mondo che non conosce Dio e il Vangelo che è prima di tutto una buona novella rivolta a tutti. I percorsi devono essere (ri)inventati per sperimentarlo. Con i cappellani rifletteremo insieme sulla migliore pedagogia pastorale possibile».

Ha invitato il Santo Padre a venire a Lourdes?

«L’ho fatto in una lettera che gli ho inviato dopo la mia nomina, e lo rifarò presto, in occasione dell’incontro che avrò con lui (spero) nell’ambito della sessione di formazione per i nuovi vescovi. Sarebbe fantastico per noi, ma anche per lui, ne sono sicuro!».

Quale saranno il contributo della sua diocesi e le proposte che porterà al Sinodo dell’ottobre 2023 a Roma?

«La mia diocesi, come tutte quelle della Francia e del mondo, ha “fatto i suoi compiti” in vista del Sinodo. Alla Conferenza episcopale di Francia è stato presentato un documento che riassume il lavoro di un centinaio di équipe sinodali riunite nelle parrocchie della diocesi. Contiene riflessioni di ogni genere, segnate in particolare dal desiderio di vedere la Chiesa proporre la fede nel mondo largamente scristianizzato in cui oggi viviamo e di cui dobbiamo prendere atto, e da una spiccata sollecitudine per lo stato del clero ritenuto stanco e provato. Da tutte le sintesi diocesane è stato inviato un documento “nazionale” alla Segreteria del Sinodo a Roma. Come tutti, aspettiamo il seguito: il Sinodo stesso, che è una speciale avventura spirituale, poi il documento pontificio che seguirà. Questo sarà accolto e lavorato nella diocesi quando verrà il momento».

François Vayne

© www.famigliacristiana.it, sabato 13 agosto 2022

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