Apri la porta della tua anima a Cristo – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Omelia nella Messa del rito di ammissione ai candidati al diaconato e al presbiterato
di Gabriele Imperio,
Chiesa san Carlo Borromeo – Presicce Acquarica, 27 dicembre 2023.

Caro Gabriele,
in questa celebrazione eucaristica dichiarerai la tua ferma decisione di intraprendere il cammino verso il sacerdozio. Celebrando la memoria dell’evangelista Giovanni, ti invito a pensare alla tua vocazione attraverso l’immagine della porta (cfr. Gv 10, 1-2. 7. 9).

L’immagine antropologica, biblica e liturgica della porta 

La porta rappresenta il passaggio fra due situazioni: dentro e fuori, noto e ignoto, luce e tenebre. La sua mobilità richiama un limite che non imprigiona, ma che è a servizio della libertà sia quando protegge l’intimità della persona all’interno sia quando la apre alle relazioni all’esterno. La porta è dunque immagine di chiusura e apertura, intimità e relazione, protezione e manifestazione. La sua potenza simbolica è stata ampiamente espressa nella letteratura e nei racconti di fantasia[1]. Anche dal punto di vista iniziatico, oltrepassare la porta, allude all’evoluzione spirituale, all’accesso a un grado di conoscenza superiore, al raggiungimento della verità. È l’invito ad andare oltre ciò che appare ed è immediatamente percepibile. In una parola, attraversare la porta significa aprirsi al mistero.

Questa sua valenza simbolica è presente anche in molti i testi evangelici. Richiamo alcuni riferimenti particolarmente significativi: la porta stretta che conduce alla vita e quella larga che va verso la perdizione (cfr. Lc 13, 22); la porta che viene chiusa alle vergini stolte, rimaste senza olio nelle lampade (cfr. Mt 25,1-13); la porta della città dove sono radunati i malati (cfr. Mc 1,29-39); la porta del ricco Epulone dove è accasciato  il mendicante Lazzaro (cfr. Lc 16,19-31); la porta delle pecore dove giace il paralitico (cfr. Gv 5, 1-9); la porta chiusa alla quale bussa l’amico importuno (cfr. Lc 11, 5-8); soprattutto la porta del sepolcro che si apre il giorno della risurrezione di Cristo da morte (cfr. Mt 27,60). 

Anche la liturgia assegna alla porta la funzione di proporre un messaggio. Essa, infatti, invita il fedele a introdursi in un luogo sacro, separato da quello abituale della convivenza civile, invitandolo a varcare la soglia per entrare in comunione con il mistero. Secondo Romano Guardini, il portale delle chiese «sta tra l’esterno e l’interno; tra ciò che appartiene al mondo e ciò che è consacrato a Dio. E quando uno lo varca, il portale gli dice: lascia fuori quello che non appartiene all’interno, pensieri, desideri, preoccupazioni, curiosità, leggerezze. Tutto ciò che non è consacrato, lascialo fuori. Fatti puro, tu entri nel santuario»[2] .

Gesù è la porta e la chiave

La potenza simbolica della porta viene applicata dall’evangelista Giovanni a Cristo (cfr. Gv 10, 9). È luila vera ed unica porta che non inganna, ma attesta con tenerezza la verità dell’amore del Padre. Per avere accesso a Dio bisogna varcare quella porta, che è anche soglia da attraversare e stanza in cui dimorare. Per questo sant’Ignazio di Antiochia scrive: «Cristo è la porta del Padre, attraverso la quale entrano Abramo, Isacco e Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la Chiesa» [3]

Il simbolo della porta, applicato a Cristo, indica dunque il compito del cristiano di vivere in uno stretto rapporto con lui, mettendosi alla sua sequela. Attraverso di lui, porta di vita, si entra e si esce (cfr. Gv 10,9). Questa tipica formula semitica indica che tutta l’esistenza è riassunta nei due atti fondamentali di entrare e uscire: uscita dal grembo materno per entrare nello spazio della vita sociale, fino all’uscita definitiva con la morte per entrare nella dimora celeste. Per questo la tradizione patristica mette in rilievo il valore escatologico dell’immagine della porta.: «La porta è il Figlio di Dio. È l’unica entrata che conduca al Signore. Nessuno ci introdurrà perciò presso di lui se non suo Figlio»[4]. Anche Sant’Agostino scrive: «Cristo è la porta e per Cristo entriamo nella vita eterna»[5]

L’ immagine cristologica della porta diventa ancora più evocativa se si considera che Cristo è anche la chiave, spesso raffigurata come scettro a forma di croce. La croce, infatti, è la chiave universale che apre le porte degli inferi e subito le richiude definitivamente, mentre le porte del cielo, una volta aperte, non si chiuderanno più e rimarranno per sempre spalancate per accogliere tutti i beati. 

Apri la porta a Cristo per divenire una porta sempre aperta

Caro Gabriele, la splendida immagine della porta, che ho sinteticamente richiamato, si riferisce anche alla tua decisione di celebrare questo rito di ammissione tra i candidati all’ordine del diaconato e del presbiterato. Come hai scritto nella lettera che mi hai inviato, non da oggi, ma da adolescente, hai avvertito che Cristo stava accanto a te e, con delicatezza divina, bussava alla porta della tua anima[6]. La maniglia interna non consente di aprire la porta dall’esterno. Cristo non forza la mano e aspetta la tua libera decisione. 

Con questo rito, sciogli ogni dubbio e apri la porta della tua anima a Cristo. «Gli apriamo la porta per accoglierlo, – scrive Beda il Venerabile – quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime»[7].

Per seguire Cristo, lascia che lui entri in te e tu, spalancando la “porta della fede” (cfr. At 14,27), accogli la vita di comunione con lui. Impara dal suo esempio come devi comportati in futuro: lasciare la tua porta sempre aperta come ha fatto lui. «Gesù non ha mai lasciato nessuno sulla porta di casa. La sua porta è sempre aperta. Il suo è un discreto invito ad entrare. A qualunque ora. Anche nella notte dello spirito e nella penombra della sera della vita, quando molte altre porte sono chiuse»[8].

Varcherai la soglia di questa porta quando il tuo cuore si lascerà plasmare dalla Parola e dalla grazia per compiere un cammino di sequela che deve durare tutta la vita[9]. Seguire Cristo vuol dire abbracciare la sua croce, che è il suo scettro divino e la chiave che apre tutte le porte. Imparerai da lui la logica dell’amore, per essere anche tu una porta sempre aperta, pronto ad accogliere con amore tutti coloro che incontrerai nel tuo cammino.   


[1] A tal proposito, si può richiamare la porta di Dùrin del Signore degli Anelli, che rappresenta l’amicizia. “Amici”, nel linguaggio elfico è la parola per sbloccare la porta. Ci si può riferire anche al portale del romanzo Il leone, la strega e l’armadio o ancora alla porta di Alice nel paese delle meraviglie o a quella delle Cronache di Narnia

[2] R. Guardini, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia 19967, p. 148.

[3] Ignazio di Antiochia, Ai Filadelfesi 9,1.

[4] Erma, Il Pastore, IX,12,6.

[5] Agostino, Commento sui salmi, 103, 4, 10.

[6] Molto espressiva è la poesia I piaceri della porta di Francis Ponge, pubblicata nella raccolta di poesie Il partito preso delle cose (1942): «I re non toccano le porte. / Non conoscono questa felicità: spingere davanti a sé con dolcezza o bruscamente uno di quei grandi pannelli familiari, voltarsi verso di esso per rimetterlo a posto, – tenere tra le braccia una porta. / La felicità di impugnare al ventre, per il suo nodo di porcellana, uno di quegli alti ostacoli di una stanza; quel corpo a corpo rapido con il quale, per un istante trattenuto il passo, l’occhio si apre e il corpo intero si accomoda al suo nuovo appartamento. / Con la mano amichevole la trattiene ancora, prima di respingerla decisamente e di richiudersi – cosa di cui lo scatto della molla potente, ma ben oliata lo assicura piacevolmente».

[7] Beda il Venerabile, Omelia 21.

[8] P. Troìa, «È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti», in “Rivista Liturgica”, LXXXVI (1999) 5-6, p 738.

[9] Cfr. Benedetto XVI, Porta fidei, 1.

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