Gesù il Pastore Bello – Diocesi di Andria

 
 

 

 

 

 

Letture:
At 13,14.43-52
Sal 99
Ap 7,9.14-17
Gv 10, 27-30

 

 

Carissimi,

In questa domenica nella bella pagina del vangelo di Giovanni Gesù si presenta a noi attraverso l’immagine del Pastore, del “Buon Pastore”.  In verità il testo originale letteralmente dice: “il pastore bello”, cioè il pastore vero, e questa immagine, che era molto presente nella spiritualità del mondo ebraico, definiva soprattutto Dio. Basti pensare a quel salmo con cui pregavano gli ebrei ed anche noi oggi: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla…”. Dunque Gesù attribuisce a sé una immagine che era propria di Dio e questo certamente doveva fare un certo effetto in coloro che lo ascoltavano. Se poi pensiamo al fatto che Gesù fa questo discorso nel tempio, il luogo che era considerato come la casa di Dio, allora possiamo immaginare l’effetto che queste parole provocano nei suoi ascoltatori.

Lui, il pastore, noi le sue pecore. Certo, dobbiamo riconoscere che definire “pecora” una persona, nel linguaggio di oggi ha tutto un altro significato, addirittura dispregiativo. Ma noi dobbiamo usare l’immagine nell’ambito del mondo biblico per coglierne tutta la ricchezza di significato che porta con sé. Erano un popolo di pastori e dunque era una immagine a loro molto familiare, di immediata comprensione.

Oggi questa parola è per noi una luce per esortarci ed insegnarci ad avere gli stessi sentimenti e atteggiamenti di Gesù nel compiere il nostro compito di evangelizzatori. Durante la sua vita terrena, Gesù sperimentò accoglienza e rifiuto, benevolenza e invidia, stima e disprezzo. Gesù è un pastore che guida le sue pecore, le protegge, le cerca quando si perdono, le cura quando si feriscono, dà loro la vita eterna attraverso il dono della sua vita e per amore di esse affronta l’opposizione di chi non fa parte del suo gregge.

La seconda lettura ci ha descritto in profondità la missione di Gesù, usando delle immagini che a noi possono apparire paradossali, poiché Egli è al tempo stesso Agnello, in quanto offre la sua vita per il popolo e Pastore, in quanto guida il suo popolo alle fonti della vita. Gesù conduce le sue pecore permettendo che esse attraversino tribolazioni e sofferenze, perché possano purificarsi. E le pecore seguono il loro Pastore perché conoscono la sua voce nel cammino che attraversa la morte per giungere alla vita vera. Durante il cammino siamo consolati dalla presenza del Pastore, il quale insieme a noi attraversa l’ombra della morte. Insieme giungiamo infine alla meta della vita eterna, dove l’Agnello e Pastore regna insieme al Padre.

Con un linguaggio molto diverso, troviamo descritta la stessa realtà nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, che ci ha raccontato di Paolo il quale, insieme a Barnaba, viaggia e annuncia il Vangelo di Gesù Cristo, incontra accoglienza e rifiuto, benevolenza e invidia, stima e disprezzo. I due inviati ripercorrono le tappe del Maestro e sono modello per coloro che nella Chiesa hanno un ruolo di autorità nell’evangelizzazione. Sperimentano l’amarezza del rifiuto da parte di coloro ai quali per primi è destinato l’annuncio ma, sull’esempio del loro Maestro, non si scoraggiano perché di fronte a ogni porta che viene chiusa dalla durezza del cuore umano, Dio ne apre un’altra per coloro che cercano la verità. Giustamente il testo ci ha così ricordato che “I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo” (At 13,52). La sofferenza causata dal rifiuto viene perciò colmata dalla gioia di coloro che accolgono il Vangelo! Continuiamo dunque il nostro cammino pasquale sulle orme del nostro Pastore, lasciamoci condurre sulla strada angusta ed entriamo attraverso la porta stretta (Mt 7,13-14) nella vita che Dio ha preparato per noi dall’eternità.

In questa domenica la Chiesa ci chiede di pregare per le vocazioni; ricordiamo sempre che le vocazioni sono un dono che si chiedono in preghiera, non si fabbricano nei laboratori; si chiede, si implora, si invoca e si ottiene anche attraverso una vita cristiana degna. Dovremmo sempre avere a cuore la preghiera per le vocazioni. C’è sempre il pericolo di diventare un po’ tutti quanti sordi, disattendendo quello che ci dice Gesù: “le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono”. Purtroppo spesso non è così: non ascoltiamo la sua voce e dunque non lo seguiamo e così le scelte della vita non si fanno seguendo la voce del Signore, ma seguendo altri criteri: il potere, il successo, il guadagno.  Certo, Dio chiama ma spesso non ci sono risposte perché la sua voce viene coperta dai rumori della vita. Allora in una giornata come questa pregare per le vocazioni significa per noi non certo bussare al cuore di Dio e dire: “Signore, chiama”, perché Lui ci risponderebbe: “Io chiamo, siete voi che non sentite, siete voi che non rispondete”.

Allora, noi dobbiamo pregare perché, innanzitutto, le nostre comunità, le nostre famiglie non siano sorde alla parola di Dio, ma siano luoghi dove la parola si accoglie, si vive, dove la parola si inculca nei piccoli e nelle nuove generazioni. Il primo modo di rispondere a questo appello è quello di diventare noi questo terreno fertile; non dobbiamo pregare perché tutti ascoltino, dobbiamo pregare perché innanzitutto noi impariamo di più ad ascoltare, perché ognuno ha la sua parte da fare nella pastorale delle vocazioni: i genitori, i catechisti, gli adulti, la comunità nel suo insieme, i giovani, tutti, prima o poi, dovranno porsi seriamente di fronte a questa domanda: Cosa vuole il Signore da me? Come, dove potrò dare il meglio di me al mondo, alla vita, al Signore, alla Chiesa? Domandiamoci, allora: Quante delle nostre case sono luoghi in cui la parola è ascoltata, trasmessa con fedeltà e gioia alle nuove generazioni? Le vocazioni sono doni alla Chiesa, per la Chiesa! I doni bisogna chiederli in preghiera, ma anche meritarseli. Allora Gesù dice: “Io sono il buon pastore”. Se ciascuno di noi risponde alla sua chiamata non lo fa perché gli piace, perché sa che deve raggiungere il potere, la sceglie perché si sente chiamato, e risponde alla chiamata di Dio nell’obbedienza.

Preghiamo perciò, carissimi, perché la nostra comunità diventi sempre più grembo fecondo che genera vocazioni. Ricordiamo sempre che se noi cresciamo nello spirito di servizio gli uni per gli altri con umiltà, allora certamente, dove meno ce ne accorgiamo, la grazia di Dio farà sorgere vocazioni. Ed è quello che fiduciosi chiediamo oggi nella preghiera.


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