la missione, inquietudine e gioia di portare il Vangelo — Arcidiocesi Bari-Bitonto

 
 

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L’amore di Cristo è stato la forza che lo ha spinto sino ai confini più lontani, con fatiche e pericoli continui, superando insuccessi, delusioni e scoraggiamenti, anzi, dandogli consolazione e gioia nel seguirlo e servirlo fino alla fine.

Questo ha caratterizzato la vita di San Francesco Saverio, esempio di zelo apostolico che il Papa sceglie, all’udienza generale, per la sua tredicesima catechesi del ciclo “La passione per l’evangelizzazione”, auspicando che possa trasmettere oggi un po’ “di questo zelo per vivere il Vangelo e annunciare il Vangelo”, in particolare ai giovani che avvertono inquietudine “e non sanno che cosa fare con quella inquietudine”.

Guardate Francesco Saverio, guardate l’orizzonte del mondo, guardate i popoli in tanta necessità, guardate tanta gente che soffre, tanta gente che ha bisogno di Gesù. E andate, abbiate coraggio. Anche oggi ci sono giovani coraggiosi. Penso a tanti missionari per esempio nella Papua Nuova Guinea, penso ad amici miei, giovani, che stanno nella diocesi di Vanimo, e tutti quelli che sono andati… di giovani, ad evangelizzare sulla schiera di Francesco Saverio. Che il Signore ci dia a tutti la gioia di evangelizzare, la gioia di portare avanti questo messaggio tanto bello che fa felici noi, e tutti. 

I missionari nascosti

San Francesco Saverio è considerato il più grande missionario dei tempi moderni ed è patrono delle missioni, “ma – riflette Francesco – non si può dire chi è il più grande, chi è il più piccolo”, perchè tanti sono i missionari nascosti, che anche oggi, fanno molto più di lui.

Un missionario è grande quando va. E ci sono tanti, tanti, sacerdoti, laici, suore, che vanno alle missioni. Anche dall’Italia. Tanti di voi, io vedo, per esempio, quando viene una storia di un sacerdote come candidato a diventare vescovo: ha passato dieci nella missione di tale luogo… questo è grande: uscire dalla patria per predicare il Vangelo. È lo zelo apostolico. E questo noi dobbiamo coltivare tanto. E guardando la figura di questi uomini, di queste donne, impariamo. 

La svolta nella vita di Francesco Saverio: l’incontro con Ignazio di Loyola

Del santo spagnolo vissuto nel XVI secolo Francesco traccia un breve profilo. Giovane “intelligente, bravo, mondano”, va a studiare a Parigi e qui conosce Ignazio di Loyola. I suoi esercizi spirituali gli cambiano la vita: “lascia tutta la sua carriera mondana per diventare missionario”, “si fa gesuita”, pronuncia i voti, “diventa sacerdote, e va a evangelizzare, inviato in Oriente”.

Parte così il primo di una numerosa schiera di missionari, missionari appassionati dei tempi moderni, pronti a sopportare fatiche e pericoli immensi, a raggiungere terre e incontrare popoli di culture e lingue del tutto sconosciute, spinti solo dal fortissimo desiderio di far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo.

Francesco Saverio viaggia molto, affronta duri viaggi in mare e il Pontefice fa notare che molti, a quell’epoca, morivano “per naufragi o malattie”, mentre oggi, purtroppo, in tanti “muoiono perché noi li lasciamo morire nel Mediterraneo”. Del giovane gesuita, poi, il Papa ricorda l’inizio della missione a Goa e l’evangelizzazione dei pescatori della costa meridionale dell’India. Insegnava catechismo e preghiere ai bambini, battezzava e curava i malati, e una notte, pregando presso la tomba dell’apostolo San Bartolomeo, “sente di dover andare oltre l’India”. Così, lasciato “in buone mani il lavoro che era già avviato”, salpa coraggiosamente per le Molucche.

Per questa gente non c’erano orizzonti, loro andavano oltre… Un coraggio avevano questi santi missionari! Anche quelli di oggi, anche quelli di oggi, sì, che non vanno in nave per tre mesi, vanno in aereo per 24 ore ma poi lì è lo stesso. Si deve mettere lì, e fare tanti kilometri, internarsi nelle foreste… 

Nelle isole più lontane dell’arcipelago indonesiano, Saverio, nell’arco di due anni, “fonda diverse comunità cristiane”, scrive il catechismo nella lingua locale e insegna a cantarlo. L’esperienza missionaria, lo porta a definire “i pericoli e le sofferenze, accolti volontariamente e unicamente per amore e servizio di Dio” dei “tesori ricchi di grandi consolazioni spirituali”, come lui stesso scrive, specifica il Papa.

Dove nessun missionario europeo si era ancora spinto

La missione di Francesco Saverio, che “aveva l’inquietudine dell’apostolo, di andare oltre”, prosegue poi in Giappone, dove “nessun missionario europeo si era ancora spinto”, continua il Pontefice, che descrive i tre anni “durissimi per il clima, le opposizioni e l’ignoranza della lingua” trascorsi nel Paese dal santo e poi il desiderio di arrivare in Cina, che “con la sua cultura, la sua storia, la sua grandezza, esercitava di fatto un predominio su quella parte del mondo”, una terra che anche è “un polo culturale, con una storia grande, una storia bellissima”, osserva Francesco. Il missionario gesuita comincia il suo nuovo viaggio ma “muore sulla piccola isola di Sancian, aspettando invano di poter sbarcare sulla terraferma vicino a Canton”. Era il 3 dicembre del 1552 e aveva 46 anni, “aveva speso la vita nella missione, con lo zelo”: partito dalla colta Spagna colta, “arriva al Paese più colto del mondo in quel momento, la Cina, e muore davanti alla grande Cina, accompagnato da un cinese. Tutto un simbolo”, sottolinea il Papa. Un’attività intensissima “sempre unita alla preghiera, all’unione con Dio, mistica e contemplativa”, quella di Francesco Saverio, che “non era un missionario ‘aristocratico’: andava sempre con i più bisognosi, i bambini che erano i più bisognosi di istruzione, di catechesi, i poveri, i malati”, conclude il Pontefice, andava “alle frontiere dell’assistenza. E lì è cresciuto in grandezza”.

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, mercoledì 17 maggio 2023

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