Le relazioni fondamentali del sacerdote-presbitero – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Omelia nella Messa per l’ordinazione sacerdotale dei diaconi
Giacomo Bramato, Matteo De Marco, Alessandro Romano
Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’universo
Chiesa Matrice, Tricase 25 novembre 2023.

Cari Giacomo, Matteo e Alessandro,
sarete ordinati sacerdoti questa sera nella solennità di Cristo Re[1], la festa liturgica che celebra la signoria di Cristo sull’universo e la sua regalità sulla storia, esercitata dalla croce e dalla sua esaltazione nei cieli (cfr. Ap 5, 12-13). 

In questa stessa data ricordiamo il secondo anniversario di venerabilità di don Tonino Bello. Nel decreto, Papa Francesco ha richiamato alcune virtù del suo ministero «caratterizzato da affabilità e generosità, assoluto disinteresse per sé stesso, stile sobrio e povero, totale dedizione e infaticabilità». Allo stesso tempo, ha evidenziato «il profilo spirituale del Servo di Dio, con al centro l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia e la devozione alla Madre di Dio. Fu guidato dalla fede, dalla più tenera età fino all’ultimo respiro di vita. Prima di tutto ai malati, a quanti soffrivano ingiustizie e ai più deboli insegnava la speranza, che aveva innervata nel proprio animo. La carità fu l’ideale supremo del Servo di Dio ed egli la rendeva concreta e tangibile tanto personalmente, quanto nel contesto ecclesiale, sociale e politico». Insomma, nel venerabile don Tonino Bello avete davanti ai vostri occhi un modello concreto di vita sacerdotale. La festa di Cristo Re rende ancora più solenne questa ricorrenza.

L’anno liturgico, l’anello nuziale di Cristo alla Chiesa

La celebrazione odierna è come un ponte, chiude e apre il nuovo tempo liturgico. In realtà, indica il pieno compimento del mistero, rivelando Cristo quale centro del tempo e meta finale della storia[2], «l’alfa e l’omega, il principio e la fine colui che è, che era e che viene» (Ap 1,8; cf. Ap 21,5-6). Tutto il tempo ruota attorno a Cristo.«L’autentico protagonista dell’anno liturgico – sottolinea Odo Casel – è il Cristo mistico e cioè lo stesso Signore Gesù Cristo glorificato, unito con la sua sposa, la Chiesa»[3]. Anche Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei scrive che l’anno liturgico è «Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia»[4]

La forma circolare dell’anno liturgico lo fa assomigliare a un anello, e precisamente a un anello nuziale. Non si tratta di un semplice fluire del tempo, ma di un dono d’amore. Il tempo non è il vuoto in cui accade l’imprevisto e l’imprevedibile. Non è nemmeno il monotono ritorno dell’identico e neanche la meticolosa programmazione della vita, ma la novità dell’incontro con l’amato in una intensa relazione d’amore. 

Per il noto liturgista Crispino Valenziano, l’immagine dell’anello richiama anche la celebrazione eucaristica. Riprendendo un’idea cara ai Padri della Chiesa, egli afferma che la liturgia eucaristica è come un anello a tre cerchi sui quali sono incastonate due gemme di un unico sigillo, la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica. I tre cerchi si riferiscono all’introito, all’offertorio, alla comunione[5]. Questo anello, inteso sia come tempo sia come mistero eucaristico, è il dono nuziale di Cristo alla Chiesa, sua sposa, quale pegno di amore e di fedeltà alle sue promesse.

I due significati simbolici dell’anello nuziale sottolineano che l’amore eucaristico riempie ogni piccolo frammento di tempo. Senza limitare il suo divenire, il tempo trasfigurato in amore eucaristico svela la profonda intensità dell’amore, ogni volta incontrato e riscoperto, che unisce ogni cosa in un abbraccio fraterno, umano e, insieme, divino. Come in uno scrigno, i differenti riflessi dell’amore di Dio, rivelato in Cristo, risplendono di una luce ineffabile, ma ben visibile: amore infinito ed eterno, nascosto da sempre nel mistero assoluto della vita trinitaria; amore di vicinanza e di prossimità, manifestatosi con la venuta del Verbo eterno nella carne umana; amore crocifisso e risorto, come segno dell’invincibilità dell’amore contro ogni realtà negativa che tenta di soffocarlo. 

La dimensione relazionale del ministero sacerdotale

Il simbolo dell’anello manifesta la dimensione nuziale di tutta la vita della Chiesa. Essa nasce dal cuore trafitto di Cristo (ex corde scisso ecclesia) e vive del suo amore. Dalla stessa origine, deriva il sacerdozio. Gli uomini, che ne sono insigniti, sono icone viventi del Cristo Sposo, segno e presenza del suo amore incondizionato per l’umanità. Questa è la sorgente dell’identità e della dignità sacerdotale, ed anche la forza della sua missione.  

Voi, cari Giacomo, Matteo e Alessandro, avete cominciato ad assaporare la bellezza di questa grazia con l’esercizio del ministero ordinato del diaconato, ora vi viene conferito il secondo grado dell’Ordine sacro. Di solito, si utilizzano due termini per indicare la dignità che si riceve con l’ordinazione: sacerdote e presbitero. In quanto sacerdoti, celebrerete il sacrificio di Cristo e presiederete il culto pubblico della Chiesa per edificare l’edificio spirituale. In quanto, presbiteri sarete chiamati ad essere ministri della parola e guida della comunità cristiana[6].

Vi ricordo che l’ordinazione pone in evidenza «la connotazione essenzialmente “relazionale”»[7] del ministero. E questo vale sia in senso antropologico sia in senso mistico. Si tratta innanzitutto della relazione con Cristo e, attraverso di lui, con tutta la Trinità[8]. La spiritualità del sacerdote consiste principalmente nel profondo rapporto di amicizia con Gesù. Egli dovrà avere sempre la preminenza su tutto. Imitando la sua sottomissione alla volontà del Padre, diventerete per lui fratelli, sorelle e madri (cfr. Mt 12,50).

Commentando questa espressione, san Francesco d’Assisi proclama beati coloro che, come Gesù, praticano il comandamento dell’amore. In quanto «figli del Padre celeste del quale compiono le opere, sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando nello Spirito Santo l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri»[9].

Dalla relazione con Cristo scaturisce anche la relazione con i fratelli nella fede e con tutti gli uomini[10]. Se la dimensione relazionale vale per tutti i cristiani, vale a maggior ragione per i sacerdoti. In virtù dello Spirito Santo, ricevuto con l’ordinazione e praticato con l’esercizio della carità pastorale, sarete chiamati a intessere relazioni significative con tutti e a educare tutti a vivere rapporti e legami spirituali. Dovrete pertanto riconoscervi figli generati alla fede dalla comunità; padri e madri, in quanto generatori della fede degli altri; fratelli e amici di tutti, per essere nel mondo sentinelle e messaggeri di speranza, araldi del Vangelo, annunciatori della parola che salva. 

Il sacerdote-presbitero è figlio

VI riconoscerete innanzitutto figli! Questo vale non solo in ambito antropologico, ma anche sul piano sacramentale[11]. Siete figli in quanto battezzati e in quanto ministri ordinati. Ricevendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana, siete diventati figli desiderati, accompagnati, custoditi dalla cura della comunità cristiana. Siete diventati “figli nel Figlio” per vivere la sua relazione filiale con il Padre, che egli chiamava «Abbà» (Mc 14, 36). Nel tempo, avete compreso il valore di essere stati generati e custoditi dalla comunità cristiana che, come una madre, si è presa cura della crescita della vostra fede.

L’ordinazione sacerdotale confermerà la vostra figliolanza nei riguardi di Dio e della Chiesa. Prostrandosi sul pavimento, esprimerete il vostro essere nulla davanti alla totalità e immensità del dono che ricevete dal Padre e alzandovi da terra, mediante la preghiera consacratoria, vi riconoscerete alter Christus per servire Dio e i fratelli. Siete chiamati a vivere questo rapporto di figliolanza nella preghiera e nell’azione pastorale, riconoscenti per la benevolenza di Dio Padre e per l’accompagnamento premuroso della Chiesa. Più vivrete questo rapporto con il Padre, più la vostra vita sarà ricolma di gioia e più si rafforzerà il vostro legame con la Chiesa. Riconoscendovi figli, imparerete ad amare il Padre e a sentire cum Ecclesia.

Il sacerdote-presbitero è padre

Figli si nasce, padri si diventa! Con l’ordinazione, sarete costituiti padri di una comunità, nel senso che sarete chiamati a generare alla fede le persone a voi affidate, attraverso l’annuncio della parola e l’amministrazione dei sacramenti, e a guidare la comunità per rendere sempre più stabile l’adesione dei fedeli a Cristo. Il vostro ministero è l’esercizio di una vera paternità spirituale[12] come esclamava san Paolo ai cristiani di Corinto: «Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo» (1Cor 4,15).

Anche Clemente Alessandrino vi esorta con queste parole: «Il prete ama i fedeli come suoi figli, li coltiva, li carezza come una chioccia i suoi pulcini. Governa quelli che sono sani e li provvede di cibo; sostiene quelli che sono deboli, vegliando su di loro, illuminandoli, incoraggiandoli; guarisce i malati, istruendoli e procurando loro la grazia, rimargina le ferite con l’olio della carità e della dolcezza, riconduce i traviati con la sua bontà e misericordia»[13]

La vostra sarà una paternità spirituale vera, umana, dagli orizzonti ampi, tipica di chi, in Cristo, si fa «tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1Cor 9, 22). Come il Padre della parabola del figliol prodigo (cfr. Lc 15, 15-32), dovrete attendere tutti e aiutare ciascuno a essere sé stesso. Come il Buon Pastore, dovete andare in cerca chi coloro che si sono smarriti per ricondurli alla casa di Dio, nella quale si radunano tutti i figli dispersi (cfr. Gv 10,1-21). Se sarete padri in senso evangelico, attenderete camminando, camminerete amando, amerete attendendo per portare tutti al Signore.

Il sacerdote-presbitero è madre

Alla stabilità della funzione paterna, deve aggiungersi la tenerezza di quella materna. Nella Ecclesia Mater, dovete esprimere la dimensione materna del ministero sacerdotale. Riprendendo un pensiero di Agostino[14], il Concilio Vaticano II scrive che la Chiesa diventa «madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figlioli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio» [15].

La caratteristica materna del ministero è richiamata frequentemente dalla Scrittura, dai Padri della Chiesa e dagli scrittori ecclesiastici. L’apostolo Paolo si rivolge ai Tessalonicesi con queste parole cariche di affetto: «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (1Ts 2, 7-8). 

Anche il vostro ministero deve essere fecondo come il grembo di Maria, secondo la bella immagine di San Bernardo[16]. Dovrete cioè essere un “serbatoio di grazia” che fa traboccare al di fuori ciò di cui è pieno dentro. Non però come un semplice canale che si limita a far passare l’acqua senza nulla trattenerne, ma come una profonda cisterna, carica di acqua, attinta da una sorgente inesauribile e confluita a un gran numero di fedeli. Eserciterete il vostro ministero con la tenerezza e il “cuore di carne” (cfr. Ez 11,19) di una madre. 

Il sacerdote-presbitero è fratello

Dovrete poi coltivare rapporti di fraternità con gli altri presbiteri, con i fedeli e con tutti gli uomini che incontrerete. Con i sacerdoti, siete chiamati a vivere la «fraternità sacramentale»; con i fedeli, dovrete testimoniare la stessa fede e la stessa grazia battesimale; con ogni uomo, partecipando alla vita di ognuno. Fate vostro l’incipit della Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore»[17].

Siate soprattutto misericordiosi con tutti: «L’uomo misericordioso – scrive san Giovanni Crisostomo – è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano (…) il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura»[18].

Cari Giacomo, Matteo e Alessandro, ho delineato sinteticamente la vostra dignità sacerdotale e la vostra missione pastorale. Rendete grazie al Signore che vi ha chiamati a seguirlo più da vicino e vivete tutta la vostra vita in conformità all’amore con il quale egli vi ha amati.


[1] Introdotta da Pio XI, con l’enciclica Quas primas (“Sulla Regalità di Cristo”) l’11 dicembre 1925, la celebrazione è stata spostata dall’ultima domenica di ottobre all’ultima domenica dell’anno liturgico.

[2] Cfr. M. Magrassi, Cristo ieri oggi sempre. La pedagogia della Chiesa-Madre nell’anno liturgico, Ecumenica Editrice, Bari 1978.

[3] O. Casel, Il mistero del culto cristiano, Borla, Roma 1985, pp. 95-96.

[4] Pio XII, Mediator Dei, Parte II, Pentecoste.

[5] Cfr. C. Valenziano, L’anello della sposa. La celebrazione dell’eucaristia, Magnano, Qiqajon 1993; Id., L’anello della sposa. Mistagogia eucaristica, 2 voll., CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2005.

[6] Per questo aspetto cfr. Benedetto XVI, Che cos’è il cristianesimo. Quasi un testamento spirituale, Mondadori, Milano 2023, pp. 100-110.

[7] Giovani Paolo II, Pastores dabo vobis, 12.

[8] Cfr. ivi.

[9] Francesco d’Assisi, Lettera ai fedeli, Fonti Francescane, 178, 2.

[10] Cfr.  V. Angiuli, La parrocchia, comunità che educa con gioia e passione, VivereIn, Roma-Monopoli, 2020, n. 68, p. 82

[11] Cfr. G. Meiattini, Innanzitutto figli. Nascere, sposarsi, generare, La Scala, Noci 2015.

[12]  Cfr. Concilio Vaticano I,I Presbyterorum ordinis, 16; Paolo VI, Sacerdotalis caelibatus, 56.

[13] Clemente Alessandrino, Stromata, 1. III.

[14] Agostino, Discorsi, 72 A, 8.

[15] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64.

[16] Per il testo latino cfr. J. Leclercq e H. M. Rochais (a cura di), Opera Omnia S. Bernardi, Romae editiones Cistercienses, 1968, vol. V, pp 275-288. Per il testo italiano cfr. L. Gambero (a cura di), Testi Mariani del secondo millennio, Roma, Città Nuova, 1996, vol. III, pp. 248-260.

[17] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 1.

[18] Giovanni Crisostomo, Discorsi sul povero Lazzaro, II, 5.

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