Mons. Bello e mons. Oscar Romero – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

[ad_1]

di Mons. Salvatore Palese

Diverso dagli altri viaggi all’estero è quello che mons. Bello fece nel marzo 1990 in El Salvador, nel decimo anniversario dell’assassinio di mons. Oscar Arnulfo Romero. 

Come è stato ricordato da Ulderico Parente, il primo fu quello in Australia dal 3 al 20 ottobre 1983, tra gli emigrati. Due anni dopo, nel 1985, il vescovo molfettese si recò tra quelli dell’Argentina e nel 1986 raggiunse quelli degli Stati Uniti e nel 1988, per 3 volte ritornò tra i molfettesi dell’Argentina. 

Si deve ricordare anche quello compiuto insieme con gli altri vescovi della Conferenza Episcopale Pugliese a Costantinopoli, nei giorni 13-16 novembre 1984. Per il patriarca Demetrius al fine di rinsaldare i legami di fraternità tra le diocesi pugliesi e il patriarcato ecumenico; ed anche il pellegrinaggio in Terra Santa insieme con i vescovi della Regione, nel corso del quale l’arcivescovo di Taranto mons. Benigno Papa guidò riflessioni e preghiera nei giorni 9-14 ottobre 1989. Infine, dall’8 al 23 luglio 1990 mons. Bello andò in Etiopia per dirigere gli esercizi spirituali di suore missionarie: fu un traumatico incontro con la realtà africana. 

È notissimo infine quello compiuto da presidente di Pax Christi, a Sarajevo, dal 7 al 13 dicembre 1992, alla vigilia quasi della sua morte, avvenuta nell’aprile seguente. 

***

Vero e proprio pellegrinaggio ci sembra quello compiuto da mons. Bello alla tomba del vescovo Romero nel 1990. La fotografia che viene riproposta lo fa intuire in modo efficace. 

E ancor più l’omelia che egli tenne nella celebrazione eucaristica del 23 marzo 1987 nella basilica dei SS. Apostoli, a Roma. 

È evidente che il rapporto era diventato profonda condivisione di valori, ideali e di prospettive pastorali. La riflessione fu incentrata nella convinzione che il martirio di Romero era come “frutto della Parola”. La Parola di Dio aveva originato nel santo vescovo salvadoregno la “spiritualità dell’esodo”, “la spiritualità del dito puntato”, “la spiritualità del servo sofferente”. 

Il vescovo molfettese attingeva dai profili biografici che andavano circolando e dalle omelie di Romero nelle quali ricorreva frequente la meditazione su Gesù “il servo sofferente di Yahweh”. Egli da qui faceva derivare l’impegno di accompagnare e di consolare i poveri. Questo era diventato il “principio architettonico di ogni rinnovamento sociale e svelava il valore più alto della sua testimonianza data fino al sommo possibile nella sua eliminazione violenta”. La Parola di Dio accettata e vissuta aveva fruttificato la sua disponibilità al martirio. 

Mons. Bello concluse la sua omelia con la seguente preghiera che merita di essere riproposta integralmente: la testimonianza di Romero era diventata anche il suo programma di vita: 

Noi t’invochiamo, vescovo dei poveri, intrepido assertore della giustizia, martire della pace: ottienici dal Signore il dono di mettere la sua parola al primo posto e aiutaci a intuirne la radicalità e a sostenerne la potenza, anche quando essa ci trascende. Liberaci dalla tentazione di decurtarla per paura dei potenti, di addomesticarla per riguardo di chi comanda, di svilirla per timore che ci coinvolga. Non permettere che sulle nostre labbra la parola di Dio si inquini con i detriti delle ideologie. Ma dacci anche una mano perché possiamo coraggiosamente incarnarla nella cronaca, nella nostra piccola cronaca personale e comunitaria, e produca così storia di salvezza. 

Aiutaci a comprendere che i poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto ardente e inconsumabile da cui egli ci parla. Prega, vescovo Romero, perché la chiesa di Cristo, per amore loro, non taccia. Implora lo Spirito perché le rovesci addosso tanta parresia da farle deporre, finalmente, le sottigliezze del linguaggio misurato e farle dire a viso aperto che la corsa alle armi è immorale, che la produzione e il commercio degli strumenti di morte sono un crimine, che gli scudi spaziali sono oltraggio alla miseria dei popoli sterminati dalla fame, che la crescente militarizzazione del territorio è il distorcimento più barbaro della vocazione naturale dell’ambiente. 

Prega, vescovo Romero, perché Pietro che ti ha voluto bene e che due mesi prima della tua morte ti ha incoraggiato ad andare avanti, passi per tutti i luoghi della terra pellegrino di pace e continui audacemente a confermare i fratelli nella fede, nella speranza, nella carità e nella difesa dei diritti umani là dove essi vengono calpestati. 

Prega, vescovo Romero, perché tutti i vescovi della terra si facciano banditori della giustizia e operatori di pace, e assumano la nonviolenza come criterio ermeneutico del loro impegno pastorale, ben sapendo che la sicurezza carnale e la prudenza dello spirito non sono grandezze commensurabili tra loro. 

Prega, vescovo Romero, per tutti i popoli del terzo e del quarto mondo oppressi dal debito. Facilita, con la tua implorazione presso Dio, la remissione di questi disumani fardelli di schiavitù. Intenerisci il cuore dei faraoni. Accelera i tempi in cui il nuovo ordine economico internazionale liberi il mondo da tutti gli aspiranti al ruolo di Dio. 

E infine, vescovo Romero, prega per noi qui presenti, perché il Signore ci dia il privilegio di farci prossimo, come te, per tutti coloro che faticano a vivere. E se la sofferenza per il Regno ci lacererà le carni, fa che le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, siano feritoie attraverso le quali possimo scorgere fin d’ora cieli nuovi e terre nuove. 

L’omelia ebbe immediata diffusione in Italia, perché pubblicata dalle Edizioni Dehoniane di Bologna.

***

Tornando in Italia, mons. Bello portò con sé il diario dell’arcivescovo Romero che era stato pubblicato a cura dell’arcivescovado Su diario (El Salvador, 1990). E insieme con Pax Christi volle una edizione italiana che affidò alla giovane editrice molfettese “La Meridiana”, operante dal 1987. La traduzione dallo spagnolo fu compiuta da Pierluigi Margoni coadiuvato da Mario Alessi, Maria Serena Campolungo e Olimpio De Giovanni. L’edizione italiana fu presentata da mons. Bettazzi, presidente di Pax Christi Internazionale, con prefazione di David Maria Turoldo e una nota biografica curata da Nicola Cassano. Il volume di 582 pagine valse a far conoscere nel mondo italiano il cammino interiore di un vescovo verso la fedeltà assoluta al Vangelo e la solidarietà al suo popolo, anche a prezzo del martirio … accettato. 

L’edizione del diario di Romero fu certamente un fatto significativo per la cultura della pace nel mondo cattolico italiano e giovò non poco a coltivare i semi gettati dal concilio Vaticano II. Come aveva auspicato papa Montini, Paolo VI, c’era bisogno urgente di maestri-testimoni per il mondo contemporaneo. Si può dire che il vescovo molfettese si mosse in questa linea, auspicando una matura teologia della pace. Pertanto, promosse e sostenne l’editrice La Meridiana e poi la rivista “Mosaico di pace” dal settembre 1990. Ma il suo contributo si conoscerà pienamente quando gli studiosi potranno accedere all’Archivio della sezione italiana di Pax Christi. 

[ad_2]

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca