Osiamo la pace — Arcidiocesi Bari-Bitonto

 
 

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Bari, 31 marzo 2022

 

Carissime e carissimi,

 

Vi scrivo alla vigilia della partenza per la città ucraina di Leopoli. Il viaggio, che vivrò con don Mimmo Chiarantoni, sarà condiviso con 200 partecipanti, giovani e adulti, provenienti da varie regioni d’Italia e da associazioni del mondo cattolico e laico, componenti la Carovana della Pace.

Non è stato facile decidere, dopo l’invito ricevuto, ma la storia del nostro territorio, da sempre crocevia di umanità e frontiera di pace, luogo d’incontro di uomini e religioni, mi ha aiutato a comprendere che come vostro pastore dovevo esserci.

A facilitarmi il tutto, è stato l’entusiasmo di questi 200 compagni di viaggio che desiderano tessere la trama della pace attraverso l’ordito di una fraternità concreta che si rende presenza, dono, speranza.

 

È un grande segno di fiducia sapere che c’è gente che vede la pace non come facile argomento d’intrattenimento, ma come stile di vita con cui costruire relazioni significative, toccando la carne dei poveri e dei piccoli della storia.

Bene ha detto papa Francesco, alcuni giorni fa, quando affermava che la guerra è luogo di morte, dove “i potenti decidono e i poveri muoiono”.

Dopo un secolo, l’Europa viene nuovamente fagocitata nel baratro di una guerra, preparata dall’ottusità di molti e dal delirio di altri.

Come la sirena risulta lugubre e straziante nel suo annunciare l’arrivo di bombe, così risuona la voce di chi crede nel potere delle armi, orrida conseguenza di una involuzione della politica, ormai consegnata a logiche mercantili e di parte, e poco dedita a una diplomazia attenta e oculata.

 

Dinanzi a momenti come questo è facile rimanere a guardare e, come accade da giorni, trascinare la guerra in talk show spesso discutibili per il dominare di un pensiero unico. Mentre “padri e madri, di ogni schieramento” – è sempre il Papa che parla – “seppelliscono i loro figli”, non si può ignorare la possibilità di osare la pace.

 

Ma oggi chi è disposto a osare la pace?

 

Osa la pace e le sue opere, chi crede nell’amore, nell’umanità, nella vita che è dono, nel valore e nella dignità di ogni creatura.

Osa la pace chi viene ribaltato dalla forza della Pasqua e torna a vibrare dinanzi al mistero di Dio e dell’uomo, aprendo veri “canali umanitari” di speranza.

Osa la pace chi è pronto a lasciarsi alle spalle una fede appiattita sui calcoli e si consegna al respiro dello Spirito.

Osa la pace chi con l’amore ha seppellito la morte, attestando prossimità e solidarietà, vera risposta al dolore dell’uomo.

Osa la pace chi si lascia sedurre dalla sfida evangelica della misericordia e del disarmare l’inimicizia, divenendo “coscienza critica della storia”.

 

I giorni che stanno per aprirsi dinanzi – mi riferisco a quelli del Triduo Santo – sono giorni di profonda tenerezza, potremmo dire i giorni della tenerezza di Dio. Un tempo di grazia che ci apre al mistero della Pasqua, mistero di gioia e di pace.

“La sera del primo giorno della settimana” – ci dice il vangelo di Giovanni – “mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi!” (Gv 20,19).

Il Risorto trova una comunità impaurita e priva di un discepolo, Tommaso. Il dolore e la fatica dei giorni della Croce non sono realtà facili da rielaborare. Quel “Pace a voi!” giunge come balsamo a lenire le ferite del cuore, donando consapevolezza di un oltre perso; un oltre che ora passa attraverso le feritoie dei chiodi, mediante le lacerazioni della carne. Un oltre che diviene luce, invito al coraggio, alla riconciliazione e consegna il primo dono della risurrezione: la Pace.

La Pace diviene seme che irrompe nei solchi della storia, dentro la notte del mondo, facendo sorgere l’aurora di un nuovo giorno. “Pace a voi”, “Shalom”, allora, desidera essere anche il mio augurio per la vita di tutti. La pace, presenza di Dio e della sua forza di liberazione e salvezza, entri nell’esistenza di ciascuno e spalanchi i cuori all’audacia dell’amore. Torniamo a Cristo, sorgente della pace, con una fede nuda, povera, orientata all’essenziale. La pace non è fatta di grandi cose ma di gesti veri, piccoli, che nascono dal cuore e vengono coltivati in stili di vita, artigianalmente, liberando il nostro “io” dal sepolcro dell’egoismo e restituendolo al “noi” della fraternità.

All’inizio del mio mandato di vescovo ci eravamo dati la sfida di divenire artigiani di comunione. Avverto che tempi come questi siano forti provocazioni per cogliere l’urgenza di tessere trame di vita, rinnovata dalla fede in Cristo: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,14).

Auguri miei cari, la Pasqua ci colga pronti e disponibili a camminare col Risorto e infonda in noi il coraggio di smuovere i macigni che ci tengono prigionieri nei bunker della paura, del risentimento e dell’indifferenza, sapendo osare la pace.

A tutti una Santa Pasqua

don Giuseppe il vostro vescovo

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