Ti ho costituito sentinella – Diocesi di Andria

 
 

Letture:
Ez 33,1.7-9
Sal 94
Rm 13,8-10
Mt 18,15-20

Carissimi,
La nostra riflessione oggi comincia col fare, prima di tutto, un atto di fede, prendendo molto sul serio le parole che chiudono il brano del Vangelo. Dice Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Ecco, noi qui siamo più di due o tre e siamo riuniti nel suo nome, perciò facciamo innanzitutto professione di fede sulla presenza di Gesù in mezzo a noi. Ed è questa presenza che ci unisce. Se non ci fosse Lui non ci saremmo neanche noi qui, noi siamo riuniti intorno a Lui, intorno alla sua mensa, la mensa della Parola è quella a cui stiamo attingendo in questo momento, fra un po’ la mensa dell’altare, la mensa dell’Eucaristia, del suo corpo e del suo sangue.

Siamo riuniti nel suo nome, questo ci deve dare una consapevolezza sempre nuova sul fatto che la nostra fede non è mai una realtà individuale o, peggio, privata. Ognuno è credente, certo, però spesso fa della fede un’avventura personale, un fatto suo; ognuno si prega il suo Gesù, ognuno spera di salvare l’anima propria, ognuno spera di raggiungere il suo posto in paradiso e ognuno, tante volte, nel proprio rapporto col Signore, privilegia soltanto i fatti propri. Noi tante volte, per non dire quasi sempre, preghiamo per noi, per avere quello che ci serve, saranno grazie materiali, saranno grazie anche spirituali, ma tutto sommato noi siamo a volte, anche nella fede, molto individualisti, egoisti. E invece le letture di questa domenica ci vogliono aiutare a recuperare una dimensione molto importante della nostra fede.

È la dimensione comunitaria del credere, credere insieme e aiutarsi gli uni gli altri a credere e a camminare sulle vie del Signore, camminare insieme, aiutandosi, se necessario, all’occorrenza correggendosi. Il tema della liturgia di questa domenica è proprio la correzione fraterna, è un tema delicato, difficilissimo, perché nella gestione di questa realtà entra la nostra persona, le nostre abitudini, le nostre convinzioni, la nostra sensibilità, la nostra suscettibilità…Però la Parola di Dio ci dice, senza possibilità di sfuggire, che noi ci dobbiamo impegnare in questa impresa, la correzione fraterna.

Il profeta Ezechiele nella prima lettura si sente dire da Dio queste parole: “Figlio dell’uomo, io ti ho costituito sentinella per gli israeliti”. La sentinella è uno che fa la guardia e, appena vede il pericolo, richiama l’attenzione. Il profeta è la sentinella del popolo, perché, appena vede il pericolo, appena vede qualcosa che non va, lo dice. C’è una tentazione del profeta, quella di dire: “Ma chi me lo fa fare? Ma che me ne importa, mi faccio i fatti miei!” Tentazione tanto diffusa pure oggi. Però la parola di Dio dice al profeta: “Guarda che io ti ho costituito come sentinella; se tu vedi il fratello che sbaglia e non gli dici niente perché ti vuoi fare i fatti tuoi, io chiederò conto a te dell’errore suo, lui perirà però io ti chiamerò in giudizio e ti dirò: lo potevi aiutare, perché non lo hai fatto? Perché sei stato zitto? Chiederò conto a te.

E, allora, riconosciamo che se ci misuriamo con questa Parola ne usciamo tutti con le ossa rotte, perché quante ingiustizie, quante cose storte e sbagliate noi vediamo e tacciamo per quieto vivere, per evitare rotture, però la parola di Dio è quella che è! “Della sua morte io chiederò conto a te”.

Ma qui si apre un altro capitolo della riflessione. Qualcuno potrebbe dire giustamente: “Ma tu sei sicuro che quello sta sbagliando? E se sbagli tu?” Cioè, si fa presto a puntare il dito e a dire: “Quello sbaglia!”. Ecco l’altro capitolo della correzione fraterna; dovremmo ricordare altre parole del Vangelo: “Perché guardi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi che tu hai una trave?”. Ecco perché dicevo che il discorso della correzione fraterna è serio, delicato, complesso, perché in nome della correzione fraterna io non posso autoproclamarmi giudice assoluto del comportamento dei fratelli, perché Gesù ha detto anche di non giudicare. Allora, cosa vuol dire correzione fraterna?

Intanto la correzione sia “fraterna”, cioè c’è un presupposto: che ci consideriamo fratelli. Perché se ci consideriamo estranei, non se ne parla proprio di correzione. Se ci si considera fratelli allora può anche andare il procedimento così come ce lo indica Gesù: “Se tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo tra te e lui solo”. Vedete la delicatezza, la discrezione, il rispetto, l’attenzione; io devo intervenire ma con tanto rispetto dell’altro, perché se io vado e lo aggredisco con una parola dura o gli punto il dito, in un contesto pubblico, già provoco nell’altro la reazione contraria di chi si difende e si ribella. “Va’ e ammoniscilo tra te e lui solo”. E, allora, bisogna trovare le parole giuste, con rispetto, il momento giusto, perché se mi accorgo che quella persona è indisposta, sta soffrendo già lui per il suo errore, è inutile che vado a mortificarla ancora di più. È un lavoro delicatissimo. Tante volte non è il principio in discussione, ma il modo con cui si agisce che ci fa diventare subito arroganti. …Va e ammoniscilo tra te e lui solo, ci esorta il Signore. Se ti ascolterà avrai guadagnato un fratello. Se non ti ascolta, allora prendi due o tre persone, amici, un cerchio ristretto.  Ecco, è un lavorio che chiede grande delicatezza, grande rispetto, pazienza, grande amore, insomma.

Ecco allora il tema della carità, quanto è serio! Dice San Paolo nella seconda lettura “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole”. Si dice giustamente: “I debiti si pagano!” Ora guardate, San Paolo dice: “L’amore vicendevole è un debito, si paga e fino a che non lo pagate, voi siete in debito, siete in rosso col Signore”. E la parola di Dio di oggi ci ha fatto capire un po’ quanto è difficile.  Questa è la vita! Perché – diciamolo francamente – tolto questo, che cosa resta della vita? I soldi? Che ce ne facciamo? Che cosa resta della vita? “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole, perché chi ama il suo prossimo, ha adempiuto la legge”.

Prendiamo dunque sul serio queste parole che oggi il Signore ci lascia in consegna!


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