un intreccio tra bellezza e amore – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Omelia nella Messa di ringraziamento per i 40 anni di parroco di don Dorino Angelillo,
Chiesa san Pasquale, Bari, 19 aprile 2022.

Caro don Dorino, 

ho accolto con gioia e in nome di una sincera amicizia il tuo invito a presiedere questa liturgia eucaristica per ringraziare il Signore dei tuoi 40 anni di ministero di parroco. Viviamo questo evento nel clima festoso della Pasqua, del giorno fatto dal Signore, il giorno eterno di Cristo. La liturgia infatti canta la sua bellezza: «O giorno primo ed ultimo, giorno radioso e splendido del trionfo di Cristo!». Il tempo si riassume in questo giorno e questo giorno domina tutto il tempo, l’intera storia dell’umanità.

Questo primo ed ultimo giorno è l’inizio della nuova creazione e la meta finale verso cui siamo diretti. Non è solo un giorno, un momento dello scorrere del tempo, ma un giorno pieno di eternità: il giorno che non tramonta, la luce che risplende per sempre. La Risurrezione di Gesù ha la forza di assumere il tempo, di prenderlo con sé e di trasformarlo in eternità. «Fin dall’antico Israele – scrive un antico testo – la Pasqua è celebrata nel “principio dei mesi, il primo tra i mesi dell’anno” (Es 12, 2) ed è a causa della festa spirituale della Pasqua che ha ricevuto il nome di principio, di capo e sovrano assoluto di ogni tempo ed epoca questo mese della Pasqua nel quale si compie e si celebra un sì grande mistero; di modo che, come il Signore è, fin dal principio, il Primogenito, e il capostipite di tutte le cose intelligibili e visibili, così anche questo mese, che celebra la sacra solennità, sia il primo dell’anno e l’inizio di tutti i tempi»[1].

Abbiamo gli occhi stanchi. Misuriamo il tempo sotto l’aspetto quantitativo come ripetizione dell’identico. Gli anni passano come un peso, la storia ci appare senza orizzonte. Ci manca il senso della novità, ci sfugge l’accadere e l’avvicinarsi del mondo nuovo. Siamo come invecchiati dentro, mentre un bellissimo inno liturgico canta: «Ecco il gran giorno di Dio, splendente di santa luce, nasce nel sangue di Cristo, l’aurora di un mondo nuovo».

La Pasqua di Cristo, «il giorno del Signore è memoriale del Signore. Per questo è stato chiamato giorno del Signore, perché è il signore di giorni […]. In questo giorno il Signore ha stabilito il fondamento della creazione, in esso ha dato al mondo le primizie della risurrezione, e in questo giorno ha ordinato di celebrare i santi misteri»[2].

In questa luce pasquale, la memoria di quanto avvenuto in questi anni del tuo ministero di parroco si apre alla speranza dell’impegno futuro, mentre il presente è avvolto dal manto della gioia nella consapevolezza di aver fatto ogni cosa per amore di Cristo e come servizio ai fratelli sulle sue orme lasciate da lui. 

A me piace pensare che il tuo ministero sia stato segnato da una parola di Cristo che «ti ha trafitto il cuore» (At 2, 36-41). E tu lo hai seguito e ti sei messo al suo servizio non come un servo che assolve un compito, un impiegato che svolge la sua mansione, un professionista del sacro che guida un popolo, ma come un innamorato, un amico fedele che risponde con amore a una parola d’amore che, come una freccia d’amore, ha toccato e ferito il tuo cuore e ha segnato indelebilmente la tua vita. 

Tra i ricordi giovanili che ho della tua persona, mi è sempre rimasto impresso nella memoria il giorno della morte di Carlo, tuo fratello minore (1967). Eravamo tutti seminaristi, anche se di età differenti. La sua improvvisa e inattesa scomparsa colpì tutti profondamente. A me sembrò che tu interpretasti quel tragico evento come un ulteriore rafforzamento della tua vocazione. Anche la morte di tuo padre Biagio ha segnato il tuo sacerdozio. Sei stato, infatti, ordinato nell’anniversario della sua morte. 

Le tue lacrime ora mi appaiono come quelle della Maddalena davanti al sepolcro di Cristo (cfr. Gv 20, 11-18): lacrime di dolore per la giovane vita di tuo fratello, spezzata nel fiore dei suoi anni giovanili, e per la morte di tuo padre, prima che egli avesse potuto vederti consacrato sacerdote. Lacrime di dolore, ma anche lacrime di gioia, intima e soffusa, per aver scoperto ancora più chiaramente il volto e la voce di Cristo che, in modo suadente e forte, proprio attraverso quei drammatici eventi, ti chiamava alla sua sequela. 

Questa sera festeggi i 40 anni di ministero di parroco: 19 vissuti nella comunità della Chiesa Madre di Triggiano (1976-1995) e 21 in questa di san Pasquale (2001-2022). Il numero 40 si ripete 98 volte nella Bibbia e, poiché nell’antichità i numeri erano rappresentati con le lettere dell’alfabeto, esprimevano significati simbolici. Per i Padri della Chiesa, il numero 4 simboleggia i punti cardinali, cioè il mondo intero. Il 10 rappresenterebbe i 10 comandamenti. Quindi il numero 40 (4 per 10) sarebbe il simbolo della storia del mondo in relazione con Dio.

Secondo alcuni teologi il numero “40” significa il tempo di preparazione per realizzare un cambiamento fondamentale nella vita: tempo di penitenza, ma anche di misericordia e di perdono; tempo dell’intimità con Dio e del colloquio con lui, ma anche periodo in cui prendere coscienza di sé e prepararsi ad accogliere i doni di Dio; soprattutto tempo dell’alleanza e della rivelazione, del viaggio interiore e spirituale, del ritorno in se stessi, nella propria coscienza, per prepararsi a ciò che verrà, con uno sguardo rivolto al futuro più che al passato, alle nuove possibilità più che alle nostalgie.

Le due esperienze pastorali vissute nelle due parrocchie rivelano la profondità della tua personalità sacerdotale. In essa, fonde insieme l’amore per bellezza e la bellezza dell’amore. A Triggiano ti sei impegnato a mostrare lo splendore della forma. I lavori di sondaggio e scavo del piano di calpestio della Chiesa di Santa Maria Veterana, intrapresi nel 1982, hanno portato sorprendentemente al ritrovamento dell’antica chiesa medievale mentre gli splendidi mosaici di Ivan Rupnik hanno dato un nuovo splendore a questa Chiesa. 

Parlo di una bellezza che non è pura esteriorità, ma riflesso della struttura delle cose, attributo dell’essere al pari della verità e della bontà. Affascinano le sue caratteristiche di integrità, proporzionalità e luminosità. Il bello contiene il vero e la verità nascosta sotto le forme visibili ha un grande potere di seduzione. Per questo, afferrato dalla bellezza, il popolo cristiano si incammina verso la bontà e la verità. Tra tutte le virtù, infatti, alla bellezza «toccò il privilegio di essere la più evidente e la più amabile» (Platone). Essa «salverà il mondo» (F. Dostoevskji).

La via pulchritudinis è diventata oggi la strada che facilita l’annuncio del Vangelo[3] «perché l’uomo contemporaneo, imbevuto com’è di scetticismo e relativismo, è di gran lunga meno sensibile alla verità e alla bontà. Egli pensa infatti che l’affermazione della verità abbia generato storicamente l’intolleranza e che l’imposizione del bene morale universale sia incompatibile con la sua libertà. L’armonia tra verità, bontà e libertà si è rotta e il compito dei cristiani consiste nel restaurarla sulla base dell’incontro personale con la persona viva di Cristo che risveglia il cuore dell’uomo e dà senso alla sua vita aprendolo alla totalità del reale»[4].

D’altra parte, non ti sei sottratto a far risplendere il fascino della carità pastorale. L’impegno, a diversi livelli, a promuovere l’attività della caritas ha caratterizzato il tempo della maturità del tuo ministero sacerdotale. Nella misura in cui l’amore è cresciuto in te, è cresciuta anche la bellezza della tua persona, poiché «l’amore è la bellezza dell’anima» (sant’Agostino). L’amore si serve della bellezza, come di uno strumento, per passare oltre i limiti del finito e raggiungere l’eterno. Ogni atto d’amore contiene un gesto di umiltà e di riconoscimento del proprio limite. Segna la differenza rispetto all’altro, ma spinge anche all’incontro con chi è già presente in noi. Riconosce l’altro come una persona diversa da sé e, tuttavia, ritrova se stesso nell’altro, come un’immagine che si riflette in uno specchio. Così l’amore per la bellezza diventa ascensione verso l’alto, desiderio e nostalgia di assoluto. 

Caro don Dorino, sai bene che, in Cristo, bellezza e amore si incontrano e si fondono in un inscindibile intreccio. Per questo hai desiderato essere una sua luminosa ripresentazione, facendo vibrare l’amore per la bellezza per far risplendere la bellezza dell’amore. Il popolo ha ammirato in te un riflesso dell’amore e della bellezza di Cristo. Per questo ti ringrazia e, nella preghiera, ti affida a lui, tuo amico, maestro e Signore della tua vita e del tuo ministero. 


[1] Ps-Ippolito, Omelia sulla santa Pasqua, 17, 1-3.

[2] Ps- Eusebio di Alessandria, Sermone 16, Sul giorno del Signore, 1, 6.

[3] Sul tema della bellezza cfr.  P. Evdokimov, La teologia della bellezza, Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1990; P. Florenskij, Le porte regali, Adelphi Edizioni, Milano 1995; B. Forte, La porta della bellezza, Morcelliana, Brescia 1999; G. Morandi, Bellezza. Luogo teologico di evangelizzazione, Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 2009

[4] M. Ouellet, La bellezza di essere cristiani, in Pontificium Consilium pro laicis, Laici oggi. La bellezza di essere cristianiI Movimenti nella Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2007, p. 46.

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