AKRA MARIAS, LEUCA RACCONTA IL CULTO DI MINERVA E DI MARIA  – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Di Francesco D’Andria, professore Emerito di Archeologia e storia dell’arte greca e romana dell’Università
del Salento. Tra le sue ultime opere a sua cura Castrum Minervae, ed. Congedo, Galatina 2019. 

Si è concluso nei giorni scorsi a Leuca, un importante un incontro di studio dedicato ai cammini di pellegrinaggio che legano il Finisterre di San Giacomo di Compostela, nella regione posta di fronte all’immensità dell’Atlantico, a Santa Maria di Leuca de finibusterre che dal promontorio guarda lo spazio marino in cui si mescolano le acque dell’Adriatico e dello Ionio. 

È stata questa un’occasione importante per ricostruire la storia di un luogo che trova le sue radice in un passato mitico dove si incociano storie di marinai, miti che risalgono all’antichità classica, tradizione legate all’arrivo, su queste coste rocciose, di Santi come Pietro, a portare il messaggio del Vangelo. 

Racconti riportati da libri antichi e da manufatti che la basilica dedicata alla Vergine custodisce al suo interno: infatti appena a destra, per chi entra nella chiesa, è visibile un cippo-altare in marmo di età romana, probabilmente rinvenuto nella vicina Vereto, recante una iscrizione (purtroppo il testo latino fu cancellato), che si riferisce alla presenza in questo luogo, del tempio di Minerva, sulle rovine sarebbe stata costruita la più antica costruzione della chiesa dedicata alla Madonna. Probabilmente l’iscrizione fu fatta realizzare nella prima metà del Settecento dal vescovo Giovanni Giannelli. Sul lato principale si trova il testo latino: ubiolim Minervae aacrificia offerebantur hodie oblationes dei para recipientur, mentre sulla faccia laterale è offerta una poetica traduzione: “qui dove ostie a Minerva offriansi e doni obol sacro a Maria cristian deponi”, per incoraggiare i fedeli all’offerta. 

La tradizione dell’arrivo a Leuca di san Pietro che avrebbe scacciato gli idoli del culto pagano, viene riportata anche da altre epigrafi presenti nella basilica. All’ambiente umanistico salentino si deve attribuire la creazione di un racconto che trova il suo trasferimento nel libro III dell’Eneide (versi 530-5329, in cui viene descritto l’episodio del primo sbarco in Italia dell’ero troiano, in un luogo della costa salentina in cui sorgeva, in arce, ossia sull’altura che dominava l’approdo, il tempio di Minerva. Nella competizione tra le varie città salentine che rivendicano il collegamento del testo virgiliano, Leuca e il suo clero vollero valorizzare questa tradizione in chiave cristiana. 

Le fortunate recenti campagne di scavo a Castro hanno fissato un punto fermo, con il ritrovamento del santuario di Athena, citato da Virgilio, famoso nell’antichità per le sue ricchezze che diede poi al sito il nome di Castrum Minervae (il castello di Minerva). Qui sulle rovine del santuario dedicato alla Vergine guerriera (i greci la invocavano con l’appellativo di Parthenos), si sviluppò il culto della Vergine Maria. Infatti, l’attuale cattedrale romanica di Castro, dedicata all’Annunziata, sta proprio nel punto in cui si alzavano le colonne del tempio dorico della dea. Sul lato verso la piazzetta essa ingloba una chiesetta bizantina del X secolo. In questo edificio tagliato a metà, come una torta, sono riutilizzate colonne che appartenevano al santuario di Athena e capitelli di una chiesa precedente. Dalla loro forma e decorazione si possono attribuire al V secolo, ossia ai primi tempi in cui il cristianesimo, poté esprimersi liberamente e si iniziarono a costruire gli edifici di culto che, in questa zona, trovano a Santa Maria di Casaranello il gioiello più prezioso. 

Dunque, la cattedrale di Castro, conserva nel culto della Madonna la memoria di precedenti culti femminili pagani. La tradizione presente a Leuca permette così di incontrare una verità nell’archeologia e ci fa capire che il culto di Maria, vittorioso sul precedente culto mariano di Minerva, va inteso, considerando un ambito più vasto, ossia tutta la punta estrema della penisola salentina che gli antichi chiamavano akralapyghias, promontorio iapigio appunto. In questa parte ancestrale, della nostra regione, alla quale non guardiamo con l’attenzione che merita, tutti i cammini portano verso le bianche rocce del capo di Leuca e sono costellati da numerosi punti dedicati al culto mariano, da Taurisano, dove sorge la chiesa di S. Maria della strada, a Barbarano dove si trova la cappella di Leuca Piccola, sosta obbligata dei pellegrini che si recavano al santuario. 

La tradizione del sorgere del culto mariano sulle rovine pagane di Minerva, coglie dunque nel vero solo se si considera tutto il territorio del promontorio che possiamo, a buona ragione indicare con il nome di akra Marias, promontorio di Maria riprendendo l’appellativo antico. 

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