Coltivare, custodire, cooperare

 
 

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Omelia nella Messa della Giornata nazionale di ringraziamento della Coldiretti
parrocchia Natività B.V.M., Tricase, 28 gennaio 2024
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Cari fratelli e sorelle,
cari agricoltori
celebriamo in questa liturgia la 73a Giornata nazionale di ringraziamento. Ringraziare vuol dire esprimere il proprio sentimento di gratitudine e di riconoscenza verso il Signore. Ma ancora di più vuol dire considerare il lavoro come un atto di culto a Dio e il compimento di una missione. La liturgia utilizza il verbo “rendere grazie” (in latino gratias agere) per significare la necessità di lodare la maestà di Dio per aver donato all’uomo la terra affinché la coltivi e la custodisca (cfr. Gen 2,15) a livello personale, familiare e in ogni forma di collaborazione con gli altri[1]. La terra, infatti, è il giardino di Dio da accudire, far fruttificare e rendere gloria al Signore per tutti i suoi benefici. 

L’importanza dell’agricoltura e la sua crisi 

L’agricoltura ha un’importanza capitale per la vita delle persone e delle comunità. La storia insegna che una rapida crescita economica, accompagnata da una riduzione della povertà, dipende in parte dall’attività agricola. Per questo oggi come in passato, l’agricoltura continua ad essere un fattore vitale per lo sviluppo integrale dell’uomo e della società. 

Il momento attuale, però, è attraversato da una profonda crisi. Le manifestazioni che si stanno svolgendo in questi giorni in tutta Europa manifestano un diffuso disagio degli agricoltori di fronte ai numerosi problemi che devono quotidianamente affrontare. La protesta nasce dai maggiori oneri finanziari, dagli standard ambientali troppo onerosi a fronte di costi più elevati per il carburante, i pesticidi e i fertilizzanti. Altre organizzazioni agricole lamentano il sistema iniquo, che vede i sussidi europei e nazionali concentrarsi in poche mani dell’agri-business, e denunciano la crescente omologazione dei sapori e, di conseguenza, la perdita di biodiversità, l’eccessivo inquinamento provocato da pesticidi e fertilizzanti, la perdita di fertilità per suoli sovra-sfruttati in nome della produttività.

In riferimento all’Italia, Stefano Vaccari, Direttore generale Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) rileva che «la crisi produttiva dell’agricoltura italiana è particolarmente preoccupante perché si sta riducendo il potere contrattuale delle imprese agricole in favore di altri comparti, industriale e grande distribuzione in primis […]. La crisi produttiva agricola italiana mostra dunque un trend consolidato: il cambiamento climatico è certamente un fattore di incidenza, ma non l’unico»[2].

Le due guerre in Ucraina e in Palestina, poi, hanno aggravato la situazione. L’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez a causa dei ripetuti attacchi terroristici ha portato ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi, con relative conseguenze sui costi delle merci.

Governare i tre grandi cambiamenti del nostro tempo

Per superare la crisi è necessario governare i cambiamenti tecnologici, geopolitici e culturali, avendo alla base la centralità dell’uomo. 

Il primo cambiamento si riferisce al rapido sviluppo tecnologico. L’intelligenza artificiale, la robotica, i big data, l’IoT e le altre tecnologie della quarta rivoluzione industriale stanno modificando le nostre vite come mai prima d’ora, aprendo scenari inediti per la soluzione di problemi sociali complessi come il cambiamento climatico, le disuguaglianze sanitarie, la scarsità di risorse energetiche, lo sviluppo urbano e la crescita industriale. È dunque dal buon governo dell’innovazione tecnologica e della rivoluzione digitale che passa l’occasione di costruire attorno all’uomo, inteso come animale sociale ancor prima che economico, un mondo equo, prospero, sicuro e sostenibile. Ed è proprio su questa sfida che si fonda il paradigma della società ideale del terzo millennio, la cosiddetta “Society 5.0”. L’integrazione tra mondo reale e mondo digitale non deve mai perdere di vista l’essere umano. La tecnologia deve offrire l’opportunità di ridurre lo stress, aumentare la sicurezza, preservare l’ambiente per vivere una vita migliore. 

Il secondo cambiamento riguarda lo scenario geopolitico. La caduta del Muro di Berlino, nel 1989, fu interpretata come la “fine della storia” (Francis Fukuyama), ovvero la fine dei secolari conflitti tra le superpotenze per il dominio economico e politico del mondo. Il crollo dell’Unione Sovietica riconfermò il ruolo degli Stati Uniti come unica e incontrastata superpotenza mondiale e, per quasi tre decenni, il mondo ha sperimentato l’assenza di competizione tra grandi potenze e all’adozione dei caratteri peculiari dell’esperienza politica americana in molte parti del mondo: economia e commercio in un libero mercato, politica democratica e piattaforme tecnologiche aperte. Questo periodo di riforme del libero mercato, di globalizzazione e di trasformazione tecnologica ha avuto anche l’effetto di abbassare i prezzi e contenere l’inflazione. 

L’era dell’egemonia americana sta finendo e la competizione tra grandi potenze è in aumento. Sta nascendo un nuovo ordine geopolitico mondiale definito dalla competizione tra grandi potenze e da crescenti nazionalismi. Una transizione che avrà enormi conseguenze per l’economia globale. È troppo tardi e forse anche poco realistico eliminare del tutto la globalizzazione. Essa dovrà assumere una forma diversa: quella della ri-globalizzazione. In questa fase, i Paesi dovranno cercare di bilanciare i benefici della globalizzazione con l’obiettivo di costruire una maggiore indipendenza e resilienza nei loro settori più complessi e d’importanza sistemica: sanità, difesa, energia, produzione e servizi finanziari, ed anche nel campo della politica agricola. 

Il terzo cambiamento riguarda il rapporto tra natura e cultura. In questo ambito, l’agricoltura da sempre occupa un posto tutto particolare. Essa, infatti, non è soltanto un’attività economica, ma è anche uno stile di vita, un patrimonio di valori, un’identità culturale, un antico patto con la natura. Tutto questo non ha prezzo. Tra gli altri importanti contributi dell’agricoltura si annoverano la tutela degli habitat e dei paesaggi, la conservazione del suolo, la gestione dei bacini idrici, il sequestro di anidride carbonica e la protezione della biodiversità. L’agriturismo è diventato un’attività popolare in molti paesi industrializzati e in altrettanti paesi in via di sviluppo, poiché gli abitanti delle città sono in cerca di luoghi tranquilli e vogliono essere informati sulla provenienza del cibo che arriva sulle loro tavole.

Il ruolo forse più significativo dell’agricoltura è dato dal fatto che essa rappresenta, per milioni di persone sottoalimentate, un mezzo per sfuggire alla fame. Queste persone infatti possono accedere al cibo soltanto se lo producono direttamente o se dispongono del denaro per poterlo acquistare. Nelle zone rurali, il settore in cui è più probabile guadagnare denaro è quello dell’industria alimentare e dell’agricoltura. Dalle statistiche della F.A.O.  emerge che all’inizio del nuovo millennio oltre due miliardi e mezzo di persone devono la propria sussistenza all’agricoltura, così come alla caccia, alla pesca e/o alla selvicoltura.

Tre sono i principali modelli del rapporto tra natura e cultura. Il primo tipo prevede una gestione della natura basata su l’esplorazione, la conquista, lo sfruttamento. L’uomo si arroga il diritto di plasmare la natura a proprio piacimento per la produzione economica, il consumo, lo svago. Non è difficile vedere in questa caratterizzazione l’atteggiamento che ha portato il genere umano a produrre le numerose crisi ambientali contemporanee. Il secondo modello è invece basato su una relazione di protezione e non di sfruttamento: riconosce gli effetti ecologici dell’agire umano ed imposta la gestione della natura su di un equilibrio tra l’azione dell’uomo e il rispetto dell’ambiente. In entrambi i casi cioè l’uomo è esterno al mondo naturale, che può essere distrutto o protetto, rimanendo tuttavia passivo di fronte alle decisioni umane. Il terzo paradigmaconsidera natura e società non come elementi separati, ma uniti in una profonda relazione dialogica e di reciprocità. L’azione umana non avviene in opposizione o solo a tutela della natura, ma all’interno di essa. L’insistenza sulla reciprocità, la pratica e il dialogo fra natura e cultura può aiutare a risolvere varie questioni ambientali.

La dieta mediterranea e i cibi prodotti in laboratorio

L’importanza di un giusto equilibro tra natura e cultura è chiarito da due aspetti particolarmente significativi: dal valore che oggi viene attributo alla dieta mediterranea e dalla resistenza di fronte alle nuove proposte nel settore produttivo e alimentare come ad esempio la farina ricavata dagli insetti e la carne coltivata in laboratorio. 

Quanto alla dieta mediterranea va salutata con soddisfazione la vittoria che ha riportato nella sfida mondiale che la classifica tra le migliori scelte alimentari per il 2024. Un risultato così importante da spingere la candidatura a patrimonio Unesco della cucina italiana. Il successo è determinato dal fatto che la dieta mediterranea è fra le più facili da seguire, adatta alle famiglie, semplice da organizzare con alimenti di base. Essa incoraggia un consumo moderato di grassi sani, come l’olio d’oliva, e scoraggia i grassi malsani, come i grassi saturi ed è adatta a chi segue particolari prescrizioni mediche. Infine è particolarmente benefica per la salute: riduce la pressione sanguigna, il colesterolo e il peso corporeo, nonché ottiene migliori risultati sul piano cardiovascolare e tassi inferiori di malattie cardiache e ictus. Si tratta di un tesoro del Made in Italy che ha consentito all’Italia livelli di longevità fra più alti al mondo. 

Il secondo aspetto riguarda i cibi prodotti in laboratorio. In questo caso, significativa è l’iniziativa, a firma dei tre ministri italiano (Francesco Lollobrigida) francese (Marc Fesneau) e austriaco (Norbert Totsching), presentata a Bruxelles per mettere alcuni paletti a questi nuovi cibi. Tra l’altro, essi hanno ottenuto che nel protocollo europeo fosse scritto che «prima di qualsiasi autorizzazione» – alla vendita e al consumo – la Commissione dovrà lanciare «una consultazione pubblica sulla carne coltivata in laboratorio» e dovrà condurre una «valutazione d’impatto completa e basata sui fatti». Saranno così affrontate le «questioni etiche, economiche, sociali e ambientali, oltre che nutrizionali, di sicurezza sanitaria, di sovranità alimentare e di benessere animale». Ai tre Paesi si sono aggiunti i ministri di altri nove governi: Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia. Si tratta di un ampio fronte di 12 Paesi coalizzati tra di loro a per denunciare la carne coltivata come una «minaccia per gli approcci primari basati sull’agricoltura e per i metodi di produzione alimentari genuini che sono alla base del modello agricolo europeo».    

Educare le nuove generazioni alla cooperazione agricola

Il Messaggio dei Vescovi italiani sottolinea l’importanza di educare le nuove generazioni alla cooperazione agricola. In futuro, il lavoro deve aprirsi maggiormente a percorsi capaci di far riscoprire la cooperazione, mettendo insieme le risorse e incentivando l’attenzione all’innovazione in vista della promozione di nuovi processi produttivi. La forza dello stile cooperativo favorirà la vicinanza tra i produttori e i consumatori, con la conseguenza di un maggiore guadagno sociale, alimentare ed economico e l’aumento della fiducia nelle relazioni e nella qualità del cibo. Il modello cooperativo, infatti, sviluppa uno stile d’impresa come «società di persone» e non solo di capitali[3] e favorisce la crescita di tutti i soci. Educa a lavorare insieme per realizzare il bene comune e promuove la consapevolezza che ogni persona è dono. Di fronte ai cambiamenti climatici, occorrono azioni condivise, sostenute anche dallo stile cooperativo. Esse permettono di mettere in atto un’opera formativa che affronti insieme i disagi sempre più frequenti causati dalle calamità naturali.

Auspico che queste sintetiche considerazioni trovino lo spazio giusto e la volontà condivisa per essere attuate. In questo giorno di ringraziamento, affidiamo al Signore i nostri propositi perché egli li benedica e li porta a compimento.    


[1] Cfr. Cei, Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura, messaggio per la 73ª Giornata Nazionale del Ringraziamento 12 novembre 2023

[2] S. Vaccari, La lunga crisi dell’agricoltura italiana: oggi si produce il 10% in meno di vent’anni fa, “Agrisole, Quotidiano del settore alimentare”, “Il sole 24 ore”, 11 gennaio 2024, p. 15.

[3] Cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 338.

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