Francesco in Africa e i benedici per il mondo – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Articolo del Vescovo apparso in “Nuovo Quotidiano di Puglia – Lecce
mercoledì, 8 febbraio 2023 – pp. 1 e 27.

Con il recente viaggio in Africa, Papa Francesco ha compiuto complessivamente 40 viaggi apostolici in 58 nazioni e 36 visite pastorali in 41differenti città o frazioni d’Italia. Questo viaggio si pone in continuità con quelli compiuti dai precedenti Pontefici. Volendo stilare una lista dei viaggi apostolici compiuti fino ad oggi, si contano 6 di Paolo VI, 104 di san Giovanni Paolo II, pellegrino per antonomasia in ben 127 nazioni, e 24 di Benedetto XVI. Il primo viaggio apostolico fu quello di Paolo VI in Terra Santa (4 gennaio 1964), culminato con lo storico incontro, avvenuto a Gerusalemme, con   Atenagora, Patriarca ecumenico di Costantinopoli. 

Con questi viaggi, i Pontefici hanno proposto una nuova immagine del loro ministero, non più associato, in maniera quasi automatica ed esclusiva, alla Città del Vaticano, ma come pellegrini lungo le strade del mondo, per rendere sempre più evidente la dimensione cattolica cioè universale del loro servizio, a favore non solo della missione della Chiesa, ma anche come contributo alla pace, alla riconciliazione tra i popoli e alla soluzione dei grandi problemi del mondo contemporaneo. 

L’Africa è stata una delle mete alle quali i Pontefici hanno guardato con particolare attenzione, come testimoniano i complessivi 21 viaggi compiuti nel continente africano, dei quali 17 di san Giovanni Paolo II e 2 rispettivamente di Benedetto VI e Papa Francesco. Il recente viaggio in Congo e in Sud Sudan si è caratterizzato per il grande affetto che Francesco ha mostrato nei riguardi del popolo africano, mantenendo fede al suo impegno, nonostante la sua veneranda età (86 anni) e le sue non ottimali condizioni di salute che lo costringono a muoversi per la maggior parte del tempo con una sedia a rotelle. Quasi a raccogliere i sentimenti dei suoi predecessori, egli ha rivolto parole cariche di grande tenerezza al suo arrivo a Kinshasa: «Ho tanto desiderato essere qui e finalmente giungo a portarvi la vicinanza, l’affetto e la consolazione di tutta la Chiesa, e a imparare dal vostro esempio di pazienza, di coraggio e di lotta».

L’importanza di questo viaggio traspare dalla consapevolezza che la stabilizzazione dell’Africa avrà un effetto benefico sulle sorti del mondo e, in particolare, sull’Europa. Il continente africano, infatti, è la cartina di tornasole di tutte le sfide della globalizzazione. In futuro, i riflettori non saranno più puntati sull’Europa, ma sull’Africa, dal momento che l’Europa ha una crescita demografica sotto zero e non ha le risorse che invece l’Africa possiede. Si tratta, infatti, di un Paese dai forti contrasti: “immenso e pieno di vita”, essendo il secondo polmone del pianeta, dopo l’Amazzonia, grazie all’estensione della sua foresta tropicale, ma avidamente saccheggiato nelle sue molteplici risorse naturali, e per questo «colpito dalla violenza come un pugno nello stomaco».

La terra congolese del Nord Kivu è insanguinata da 30 anni da una guerra che è stata definita “la grande guerra africana”, uno scontro di tutti contro tutti, in cui si fa fatica a capire chiaramente chi siano i responsabili. Oltre all’esercito regolare della Repubblica Democratica del Congo, sul campo combattono più di 120 milizie irregolari di diversa natura, tra cui spicca il corpo paramilitare ruandese M23 (March 23). Per questo motivo, molti sostengono che il conflitto sia fomentato in primis dal governo rwandese, con la corresponsabilità anche dei governi degli altri paesi confinanti.

A sua volta, il Sud Sudan, una delle zone più calde del continente nero, è il quarto paese più povero al mondo, nonostante sia tra i più ricchi di risorse naturali. Il Sudan è un paese arabo e musulmano (90%), mentre la popolazione del Sud Sudan è nera e più della metà è cattolica (52%). Senza aver mai conosciuto una stabilità, nel 2013 il Paese è piombato in una guerra civile tra le più sanguinose, provocando 400.000 morti e 4 milioni di sfollati, di cui 2,5 milioni di rifugiati finiti nei paesi confinanti. La causa principale dei conflitti è la lotta per le ricchezze naturali concentrate nelle mani di pochi: il petrolio, le risorse idriche del Nilo Azzurro e delle foreste del Paese. 

Il viaggio apostolico di Francesco ha avuto due scopi. Il primo è di natura ecumenica. Mentre in Europa si sta consumando una frattura sempre maggiore tra i cristiani, in Africa il Papa ha invitato a porre un grande segno di unità tra le differenti confessioni cristiane. Per questo ad accompagnarlo si sono uniti Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, e Iain Greenshields, moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia. Il secondo segnale è stato rivolto alla comunità internazionale. L’Africa sta scomparendo dai radar mediatici, non interessa a nessuno. Tutto ciò che succede in Congo, in Sud Sudan e in altri paesi dell’Africa subsahariana non viene mai raccontato dai mezzi di comunicazione sociale. Sembra che in questi Paesi non si stia consumando un dramma epocale. 

Per stigmatizzare questa situazione, il Pontefice ha rivolto parole chiare e inequivocabili, servendosi di immagini fortemente evocative: «Giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare». Il nuovo “colonialismo economico”, alimentato dal veleno dell’avidità, è altrettanto schiavizzante e ha reso “insanguinati” i suoi “diamanti”. Il riferimento non è ai gioielli, ma ai giovani che, da sempre, vivono in uno stato di guerra. In definitiva, secondo il Pontefice, l’Africa, territorio «ampiamente depredato», è il campo di lotta di «un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca». Per questo ha auspicato che «l’Africa sia protagonista del suo destino!» e diventi «sorriso di speranza, conti di più: se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le nazioni!». Le sue parole saranno ascoltate? 

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