Il Significato biblico, simbolico e spirituale del titolo mariano “Vergine di Coelimanna” – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Omelia nella Messa in onere della Vergine di Coelimanna,
Supersano, 2 luglio 2023.

Cari fratelli e sorelle,

celebriamo la festa in onore della Vergine di Coelimanna nel cuore dell’estate [1]. La collocazione del santuario all’interno del cimitero comunale, alle spalle della chiesa seicentesca[2], rende ancora più evidente la dimensione escatologica della celebrazione. Pellegrini sulla terra, ci uniamo alla santa Gerusalemme per cantare un inno di lode alla Vergine che veneriamo come manna che scende dal cielo. 

1. Festa popolare tradizionale 

È a tutti nota la tradizione secondo la quale, la devozione alla Vergine di Coelimanna sorse a seguito del prodigioso episodio, databile intorno al XV secolo, che narra l’apparizione della Madonna alla pastorella il sabato precedente la prima domenica di luglio. La Vergine chiese alla fanciulla di recarsi in paese a chiamare il curato e le assicurò che si sarebbe presa cura lei del gregge della ragazza fino al suo ritorno. Il curato credette al mistero e, ritornato in parrocchia, informò tutti del miracolo. Grande fu lo stupore quando, nella cripta, si scoprì un altare con una nicchia in cui era affrescata l’immagine della Regina del Cielo, con un’iscrizione greco-latina che diceva: “Virgo manna coeli”. 

Questo bellissimo titolo mariano è come una ulteriore perla che si aggiunge alla collana dove sono incastonati le altre invocazioni con le quali il popolo di Dio rende onore alla Vergine Maria. Cari fedeli, dovete essere orgogliosi per l’invocazione mariana inserita nel tradizionale inno che cantate durante questa festa: «Su! Cantiam quest’oggi osanna / alla Madre di Gesù, / a Maria di Coelimanna / fonte eterna di virtù. / Dall’amena collinetta / che scegliesti a tua dimora / deh! Proteggi, o Madre, ognora / il tuo popolo fedel».

2. Il significato biblico del titolo mariano

Probabilmente, l’appellativo dato alla Vergine ha tratto origine dalla coltivazione dell’albero della manna (fraxinus ornus)[3]. Esso, tuttavia, ha un profondo significato biblico, simbolico e spirituale. 

È degno di nota il fatto che i riferimenti scritturistici raccolgono le differenti tradizioni dell’Antico Testamento, richiamate anche in molti passi del Nuovo Testamento. Il testo fondamentale si trova nel libro dell’Esodo che recita: «Poi lo strato di rugiada svanì ed ecco sulla superficie del deserto vi era una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra.  Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: “Man hu: che cos’è?”, perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “È il pane che il Signore vi ha dato in cibo”» (Es 16,14-15)

La manna era il cibo gustoso e salutare piovuto dal cielo, mentre gli ebrei si trovavano nel deserto in cammino verso la terra promessa. Cadeva solo sei giorni alla settimana e in quantità doppia il sesto giorno; covava vermi e diventava nociva se mantenuta più di un giorno, a parte il sabato. Il popolo non l’aveva mai vista prima. Si poteva macinare in un mulino o schiacciare in una malta e farne focacce da cuocere. Piovve per tutti i quaranta anni che gli Israeliti rimasero nel deserto. Dovevano raccogliere la manna ogni mattina.

Poiché appariva diversa da qualsiasi cosa provata prima si interrogavano su che cosa fosse. L’espressione “man hu”, viene resa in differenti significati: “questa è la manna”, “questo è un regalo”, “cos’è questa cosa”. Secondo le antiche fonti bibliche, la manna è il dono inatteso e misterioso con cui l’Onnipotente si manifesta, conferma il suo amore, la sua protezione, la sua fedeltà al popolo che si è scelto.

La Scrittura non manca di fornire specifiche indicazioni sulle caratteristiche, l’utilizzo e i benefici del nutrirsi di questa mitologica manna: «Ora la manna era simile al seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla; poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta all’olio» (Nm 11,7-8)

Nei giorni più caldi, la manna si scioglieva al sole. Se non veniva raccolta abbastanza in fretta veniva attaccata dai vermi; era simile ai semi di coriandolo e aveva un sapore descritto in vari modi. Era una sostanza miracolosa: oltre a dare fisicamente accesso al divino, si auto-rigenerava ogni mattina e in quantità abbondanti. Stando al Libro della Sapienza, cambiava sapore a seconda della persona che se ne nutriva: «Sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli, dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; esso si adattava al gusto di chi l’inghiottiva e si trasformava in ciò che ognuno desiderava» (Sap 16,20-21).

Il testo biblico sottolinea le modalità con cui poteva essere raccolta: a) soltanto come razione alimentare di un giorno; b) il sesto giorno doveva essere raccolta con l’intenzione di essere preparata e mantenuta anche per lo shabbàth; chi l’avesse voluta raccogliere durante lo shabbàth non la trovava; c) la manna aveva la misura precisa di un omer a testa; ciò significa che ogni individuo poteva consumare la manna riferendo la sua porzione alla quantità per una comunità di dieci individui; d) la manna si adattava alla fame e al sapore di ogni individuo. 

         La manna era segno dell’umiliazione del popolo e della provvidenza di Dio. Il salmista canta: il Signore «fece piovere su di loro la manna per cibo, e diede loro pane dei cieli, l’uomo mangiò il pane degli angeli, diede loro cibo in abbondanza» (Sal 78,24-25). Il Signore «dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3). 

3. L’importanza simbolica del titolo mariano

Il titolo mariano ha un profondo significato simbolico. Si riferisce innanzitutto a Cristo. Il vero pane «venuto dal cielo» non è la manna che lasciava morire, bensì Gesù stesso (Gv 6, 32s) che si riceve mediante la fede (Gv 6,35-50). La sua carne è data «per la vita del mondo» (Gv 6,51-58). Anche l’apostolo Paolo vede Cristo come «alimento spirituale» prefigurato dalla manna del deserto (1Cor 10, 3 s). Come quella antica, questa “nuova manna” si adatta al gusto di ciascuno. In apparenza, è un pane uguale per tutti, in realtà, come l’amore di Dio sa essere esclusivo per ogni uomo. Egli è un cibo per tutti e per ciascuno.

In secondo luogo, la manna è la Parola di Dio (cf. Mt 4,4). Attraverso di essa, giungono a noi le consolazioni dello Spirito (cf. Ap 2,17) e diventano il sostegno ed il conforto della nostra anima, mentre siamo nel deserto di questo mondo. Tutti dobbiamo raccogliere ogni mattina la giusta razione per il nostro sostentamento. Quelli che hanno ricevuto Cristo, devono vivere appoggiati con la fede a lui. 

Vi è un’analogia fra la manna del deserto e il pane eucaristico. A buon diritto, la liturgia eucaristica riprende le immagini bibliche che concernono la manna. Con la partecipazione al misterioso pane eucaristico, il cristiano, fin d‘ora, è «nutrito con il pane degli angeli, divenuto il pane dei viandanti» (Lauda Sion), che soddisfa tutti i bisogni e risponde a tutti i gusti (cf. Gv 6, 33. 54. 57; Ap 2, 17).

La manna è cibo spirituale (1Cor 10,3), dono di Cristo che nutre per la vita eterna. Fare eucaristia significa vivere la gioia della scoperta, ravvivare lo stupore, suscitare la passione per questa meraviglia che accompagna e trasfigura la nostra esistenza quotidiana. Per questo la Chiesa adora il Figlio, che continua ad abitare in mezzo a noi nel santissimo sacramento.

La manna viene a noi per mezzo di Maria, vaso prezioso e ostensorio vivente che racchiude il pane del cielo. Ella è il tabernacolo del Dio fatto carne, l’arca dell’alleanza, nella quale il Signore ha visitato e redento il suo popolo, il “grembo” delle promesse fatte a Davide che si adempiono in Gesù.

La manna, infine, simboleggia la Chiesa, sposa che scende dal cielo. Oltre che sposa, è chiamata a diventare città, simbolo per eccellenza della convivenza e della relazionalità umana. Questa città, sarà la nuova tenda del Convegno dove non ci saranno più isolamenti, prevaricazioni e distinzioni di alcun genere, ma tutti saranno una cosa sola in Cristo. Egli si fa sempre più vicino a noi, giorno dopo giorno, e ci introduce nella pienezza della comunione e della pace trinitaria. 

4. Il valore spirituale del titolo mariano

L’espressione classica “una manna dal cielo” sta a significare una fortuna improvvisa, il segno della divina provvidenza. L’origine celeste della manna illumina le tappe de nostro camino spirituale. È una energia divina che “si auto-rigenera” e ci dona il Signore in segni molto piccoli. È il pane quotidiano. Invita ad accontentarci del necessario, ad essere prudenti e diligenti, a dipendere dalla Provvidenza. È un sostegno divino da custodire nel luogo più prezioso. Il popolo d’Israele conservava la manna accanto alle dieci parole del Patto, nel Santo dei Santi, così noi dobbiamo custodire la manna spirituale nel tabernacolo del cuore.


[1] Cf. S. Cortese, La decorazione nella cripta della Madonna di Coelimanna, articolo rivisto, apparso in due numeri della rivista “Il nostro giornale”nn. 88-89, Editrice Salentina, Galatina, 2018; R. Sansone, La cripta della Madonna di Coelimanna, Galatina, 2003, pp. 37-38.

[2] La chiesa risale al 1670, costruita dal principe di Ruffano Pietro Brancaccio; cf. S. Tanisi, Il Santuario della Vergine di Coelimanna, in Supersano. Arte a tradizione, scoperta e conoscenza, giugno 2014.

[3]F. Tarantino, L’albero della Manna nelle campagne di Supersano, in Note di storia e di cultura salentina XXI, 2010-2011, Edizioni Grifo, Lecce, pp. 268-275.

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