Il cammino con Cristo qualifica l’agire del credente – Diocesi di Andria

 
 

Letture:
Ger 20,7-9
Sal 62
Rm 12,1-2
Mt 16,21-27

Carissimi fratelli e sorelle,

Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato l’Evangelista Matteo ci ha fatto vedere Gesù che si dedica a “spiegare ai suoi discepoli” la sua sorte futura di morte e risurrezione. Si tratta del primo dei tre annunci pasquali. Comprendiamo bene che non era facile per loro, come non è semplice per noi oggi, accettare una logica ‘perdente’, accettare che il loro maestro dovesse avere un esito tragico alla sua vita spesa solo a far del bene. E, d’altra parte, è certamente ragionevole per noi pensare che l’anelito alla pienezza sia suscitato da Dio stesso, per cui gli eventi della passione e della morte in croce restavano incomprensibili per loro.

Certo, la logica di Gesù consiste in un progetto che ha origine nella volontà del Padre, come risulta dal rimprovero fatto a Pietro, che vorrebbe sovvertirla (“non pensi secondo Dio”), e che poi si concretizza nel seguire il Maestro (“se qualcuno vuole venire dietro a me”). Comprendiamo come, prima ancora della meta, è il cammino con Cristo che qualifica l’agire del credente; Egli mi può portare dove io non vorrei mai andare, ma se lo amo mi fido e lo seguo comunque. Chi ha fede sa che il futuro è nelle mani di Dio ma è anche consapevole che, obbedendo ogni giorno alla Parola, la meta della piena comunione con Lui è anticipata nell’oggi di una vita fedele al vangelo.

Il cammino dietro a Gesù, dunque, è delineato dal Signore stesso in tre passaggi: «rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua».

         Primo passaggio: Rinnegare sé stessi significa togliere quella parte di noi che non è in linea col Vangelo. È la lotta contro i desideri legati alla riuscita delle nostre imprese e dei nostri progetti, tanto spesso, solo umani, che possono portare ad allontanare Dio dal proprio orizzonte e sopprimere il fratello che ostacola la volontà di affermare sé stessi. Ma questa lotta non deve scoraggiare, perché, invece, si realizza con un cammino di liberazione interiore.

Secondo: Prendere la croce allude ad una scelta precisa, non comporta il subire passivamente un giogo che ti viene caricato addosso. È l’assunzione dei pesi della vita propria e altrui, sapendo che rimuoverli sarebbe sfuggire alla responsabilità di un’esistenza matura. Questa consiste nel dono di sé, con la gioia del darsi; e donarsi è sempre difficile, tra sudore e sangue, quando il dolore ti indurrebbe a non pensare agli altri ma a prendere voracemente tutto ciò che ancora la vita può offrirti. E tutto questo rende divino il più piccolo gesto d’amore! E dobbiamo anche sottolineare che Gesù dice: “prenda la sua croce”. Ognuno ha la sua croce da prendere e portare. Talvolta capita che siamo pronti e generosi nel voler aiutare gli altri a portare le loro croci, ma non siamo altrettanto pronti e generosi nell’accettare la croce legata alla nostra personale esistenza, la viviamo con insofferenza e talvolta non l’accettiamo, ci ribelliamo ad essa, la “scarichiamo” sugli altri.

E, infine: Mi segua. Percorsi i passi del rinnegamento di sé e dell’assunzione della croce, la sequela di Cristo è già una realtà… e ti accorgi che, pur con i tuoi limiti e incoerenze, sei nella via di Dio, poni le tue orme sulle sue, e ti sembra di librarti in volo perché il cuore è nella pace, sa di essere nella verità.

Gesù sottolinea che è in gioco la salvezza e non si può ‘perdere’ la vita: per questo bisogna ‘lasciar perdere’ la tentazione di darsi vita da soli e accettare invece di riceverla dal Signore nelle forme e nei tempi che Egli dispone. Capiamo così il forte richiamo rivolto a Pietro, lo stesso Pietro a cui aveva detto poco prima: “Beato te”, ora addirittura viene rimproverato duramente da Gesù come un “Satana” perché tentato di passare avanti al Maestro per impedirgli di fare quanto aveva preannunciato ai suoi: andare fino in fondo sul sentiero del dono di sé, che portava alla croce. Gesù lo invita a tornare dietro di Lui, riprendendo la posizione del discepolo. Stare dietro non è scelta da perdenti, è sentirsi custoditi e guidati da Chi non vuole mai sottrarsi al tuo sguardo perché tu non ti senta perduto e seguendolo ti lasci condurre alla meta di una vita piena.

Certo, il vedere Gesù che rimprovera così duramente Pietro, il capo della Chiesa ci lascia un po’ meravigliati, ma questo ci fa capire che la Chiesa è una realtà carica di mistero e perciò solo attraverso l’uso di alcune immagini noi riusciamo ad accostarci a questo mistero. Ad esempio, una immagine che troviamo soprattutto nelle pagine di S. Paolo è quella del “corpo di Cristo”. Se la Chiesa è il corpo di Cristo, allora noi non siamo semplicemente membri di una comunità, ma vuol dire molto di più: vuol dire che noi siamo membra di Cristo e che, perciò, in Lui e con Lui, siamo membra gli uni degli altri. Perciò il bene di uno è bene di tutti. Ma dobbiamo pur dirci che, purtroppo, le infedeltà di uno finiscono per sciupare il volto della Chiesa intera.

A riguardo dobbiamo riconoscere che molto spesso noi viviamo la nostra religiosità in maniera molto individualistica. Preghiamo, chiediamo grazie e favori per noi. L’immagine della Chiesa corpo di Cristo deve invece educarci a non separare la relazione col Capo, che è Cristo benedetto, dalla relazione don tutte le altre membra, i nostri fratelli e sorelle, gli uomini e le donne del mondo intero. Poiché apparteniamo tutti allo stesso corpo, dobbiamo davvero sempre sentirci parte gli uni degli altri. Nessuno, cioè, si salva da solo. O ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno. Tutti ci dobbiamo sentire responsabili della vita e dell’azione di questo corpo che è la Chiesa. Nessuno è solo fruitore dei servizi sacri che la Chiesa offre, in vista della salvezza eterna, ma tutti ci dobbiamo invece sentire protagonisti attivi e generosi della vita e dell’azione, soprattutto l’azione missionaria, della Chiesa.

Chiediamo dunque al Signore oggi, celebrando questa santa Eucaristia, che metta nei nostri cuori e nelle nostre menti pensieri di accoglienza gli uni degli altri, pensieri di gioiosa appartenenza al corpo ecclesiale del Signore, pensieri che ci facciano sentire responsabili degli immensi doni che Egli ci fa, proprio attraverso l’appartenenza al corpo della Chiesa.
AMEN!


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