«Mettimi come sigillo sul tuo cuore» (Ct 8, 6) – Diocesi Ugento Santa Maria di Leuca

 
 

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Omelia nella Messa della prima professione religiosa di suor Teresa Bitonti
e della rinnovazione dei voti delle suore, Brigida C. Pinuela, Lia Kallookkaran, Luisa D. Hablero, Marilisa Pham, Rachele Vadakekkara, Sandra T. Binas
Cappella della Casa generalizia delle “Figlie di Santa Maria di Leuca”, Roma, 1° ottobre 2023.

Cara suor Teresa, 

per te, compiere la prima professione religiosa non è solo un rito liturgico, ma una risposta d’amore all’amore con cui Cristo ti ha amata. Anche per voi, care sorelle Brigida, Lia, Lisa, Marilisa, Rachele e Sandra, rinnovare i voti significa rinnovare la promessa d’amore. 

Il sigillo dell’amore sponsale

La prima professione religiosa e la rinnovazione dei voti rappresentano un atto di fidanzamento, preludio a un matrimonio spirituale e mistico, in cui lo Sposo è Cristo e l’amore è talmente grande da spingere a una rinuncia totale di sé, per donarsi totalmente all’altro. Con le parole del profeta Geremia, anche voi oggi dovreste dire: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciata sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso […]. Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa, mi sforzavo di contenerlo, ma non o potevo»(Ger 20, 7.9).

La vocazione è simile a un fuoco che pervade le ossa, facendole fremere; è una lava ardente e inarrestabile. La potenza della chiamata spazza via le obiezioni e trasforma l’essere della persona che ne è destinataria. L’aveva detto a Geremia lo stesso Signore: «Oggi io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese […]. Ti muoveranno guerra, ma non ti vinceranno perché io sono con te per salvarti» (Ger 1, 18-19).

In questo giorno, siete chiamate a ripetere le parole della sposa del Cantico dei Cantici: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio» (Ct 8, 6). Il Cantico dei Cantici, in ebraico Shir ha-Shirim,vuol dire il canto più bello che ci possa essere. Si tratta di un canto d’amore, una melodia udita solo da chi la canta e da colui al quale viene rivolta. Un canto nuziale di gioia e beatitudine. Certo, diceva Origene, è «beato colui che comprende i cantici e li canta – giacché chi li canta li canta nelle solennità -, ma molto più beato colui che canta il Cantico dei cantici»[1].

Le parole del Cantico, pronunciate nell’intimità del cuore, cantano la gioia di un amore più forte della morte. È l’inno a legame stretto, a una relazione che “incatena” e non si più scindere. La sposa, infatti, chiede di essere considerata come “sigillo”, cioè una cosa preziosa e inseparabile dalla persona amata. E, come oggi gli innamorati e gli sposi si scambiano oggetti speciali per alludere al loro vincolo d’amore, così nella cultura biblica il sigillo, portato al dito su di un anello (Gen 41,42; Sir 32,6-7; Ger 22,24), o legato al braccio come un bracciale, o pendente dal collo sul cuore e gelosamente custodito mediante una catenella (Gen 38,18; Pr 3,3) indica la persona amata e ne autentica il rapporto d’amore (1Re 21,8; Ag 2,23; cf. Gb 41,7-9). 

Con questo sigillo, impresso sul cuore e stampato sul braccio, la sposa invita l‘amato a considerarla come sua particolarissima proprietà dalla quale non più separarsi. L’amato deve rimanere legato alla sposa come ogni pio israelita alle “parole dello Shemà”. Questa principale formula di fede, infatti, doveva essere fissa nel cuore, legata alla mano come un segno e agli occhi come un pendaglio, scritta sugli stipiti delle case (cf. Dt6,6-9) e incisa nel cuore come segno della nuova alleanza (cf. Ger 31,33).

Il primato dell’amore di Cristo

L’iniziativa di questa relazione d’amore è di Cristo. Egli ama per primo, in modo gratuito e personale. Chiama l’amata a seguirlo più da vicino. Al tempo stesso, le conferisce la grazia in modo che la risposta si esprima con un profondo e libero abbandono. Il nuovo rapporto che ne deriva è puro dono. È un’alleanza di mutuo amore e fedeltà, di comunione e missione, vissute per la gloria di Dio, la gioia della persona consacrata e la salvezza del mondo.

Cristo oggi parla al vostro cuore. La sua parola, suadente e accattivante, vi chiede: «Vi siete innamorate di me? Sono la persona più importante della vostra vita?». Dalle risposte che darete a queste domande dipende la bellezza della vostra vocazione e della vostra missione. Solo se portate Cristo stampato nel cuore, potrete testimoniare il Vangelo in modo autentico. Seguire Cristo è semplice, se la sequela è una riposta d’amore. Ogni giorno, infatti, siete chiamate a dire al Signore: «Mi metto nelle tue mani». E anche se oggi sembra difficile abbandonarsi totalmente nelle mani dell’amato, per voi sarà possibile se scoprirete che si tratta di «un amore così grande».

Santa Teresa d’Avila, rivelando alcuni frammenti della sua straordinaria storia di amore con Cristo, scrive: «Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù, infatti, aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da Lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale Egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l’esperienza e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la Somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada»[2]

Per seguire il Signore bisogna amarlo, e per amarlo bisogna conoscerlo. Più lo conoscerete, più gli darete fiducia e agirete come lui vuole, rinunciando con gioia a voi stesse. Lo seguirete se lo imiterete cioè se mettere i vostri piedi sulle sue orme.  Questo è il vostro dovere e il vostro alto privilegio!

Certo di fronte alla grandezza dell’amore di Cristo, sentite di essere inadeguate a corrispondervi. Tutti i profeti esprimono questo stato di povertà e di imperfezione. In fondo è un sentimento comune quando la sproporzione della corrispondenza d’amore è troppo grande. Lo attesta la famosa canzone di Adriano Celentano, quando recita: «Io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce, e mi manca un po’ il respiro, se ci sei c’è troppa luce». 

 I voti: un atto personale, ecclesiale e sociale 

La professione dei voti è la triplice espressione di un unico “sì”. È l’atto mediante il quale vi donate «totalmente a Dio con un nuovo e speciale titolo»[3]. Mediante questo atto, offrite gioiosamente la vostra vita al servizio di Dio, considerando la sequela di Cristo «l’unica cosa necessaria e cercando Dio prima e al di sopra di tutto»[4].

Ogni voto sottolinea uno speciale rapporto con Gesù. Egli era ricco, ma divenne povero per amore nostro annientando se stesso e non avendo dove appoggiare il capo. Egli amò con cuore indiviso, sino alla fine. Venne a fare la volontà del Padre che lo aveva mandato e la fece costantemente, «imparando l’obbedienza attraverso la sofferenza, divenendo causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb5,8).

I voti stabiliscono un’intima appartenenza e ribadiscono la necessaria presenza nella Chiesa della vita consacrata[5]. Essa non potrà mai mancare, anche se bisogna operare una distinzione tra l’origine fondamentale che è la persona di Cristo e l’origine storica delle diverse forme di vita consacrata ad opera dei diversi fondatori. La vostra decisione di seguire Gesù deve avere un fondamento duraturo. È facile iniziare con grande entusiasmo, ma soltanto chi sarà capace di perseverare fino alla fine darà prova di essere un vero discepolo (cf. Lc 9,62).

La comunione con Cristo si esprime in modo stabile e visibile nella vita comunitaria. Questa comporta ordinariamente una condivisione quotidiana di vita in conformità con le strutture specifiche e le norme previste dalle costituzioni. Anche i voti hanno un risvolto sociale. Offrono, infatti, uno stile di vita alternativo, ispirato al Vangelo.

Come la beata Madre Elisa Martinez

Sulla via tracciata dalla beata Madre Elisa Martinez, seguite il modello di vita della Vergine di Leuca. Maria «è esempio sublime di perfetta consacrazione, nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio»[6].Per questo, preghiamo il Signore con le parole della Colletta: «O Dio, che hai ispirato a questa nostra sorella il proposito di seguire più da vicino Cristo tuo Figlio, concedile un felice compimento del cammino iniziato, perché possa offrirti il servizio di una totale dedizione».


[1] Origene, Omelie sul Cantico dei cantici, Città Nuova, Roma 1990, p. 36.

[2] Teresa d’Avila, Il libro della vita, 22, 6-7, 14.

[3] Lumen gentium, 44.

[4] Perfectae caritatis, 5.

[5] Cf. Lumen gentium, 44; Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 29.

[6] Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 28.

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